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Onde d’urto: le risposte alle domande pù frequenti

26/07/2013

La dottoressa Cristina d’Agostino, Responsabile del Centro Terapia e Ricerca Onde d’Urto di Humanitas e Presidente della Società Internazionale di Terapia Onde d’Urto (ISMST) risponde alle più comuni domande sulle onde d’urto.

Le onde d’urto sono onde acustiche (impulsi sonori, di natura meccanica), prodotte da appositi generatori (i litotritori), in grado poi di propagarsi nei tessuti, in sequenza rapida e ripetuta. Sono caratterizzate da una particolare forma d’onda (prima fase di pressione positiva, seguita da una altrettanto rapida fase, meno ampia, di pressione negativa), che le differenzia dagli ultrasuoni e che, nel suo complesso, è responsabile degli effetti biologici positivi applicabili in campo terapeutico. Vediamo le risposte ai quesiti più comuni.

Le onde d’urto sono dolorose?

No, se eseguite secondo i protocolli terapeutici codificati e con apparecchiature idonee, sono generalmente ben tollerate. Per i trattamenti sull’osso, che richiedono l’utilizzo di energie più elevate, può essere indicata in alcuni casi un’anestesia locale (o eventualmente la sedazione, solo se vengono utilizzate alcune tipologie di apparecchiatura).

Le onde d’urto sono indicate a tutte le patologie ortopediche?

No, anche se effettivamente il loro campo d’azione si è progressivamente ampliato, nel corso degli anni, in ambito muscolo–scheletrico, dalla cura delle patologie dei tendini e dell’osso, a quello per esempio della spasticità, oltre all’ambito delle piaghe e delle ferite. Le onde d’urto focali possono infatti essere utilizzate a scopo “curativo” (guariscono cioè dall’infiammazione o rigenerano i tessuti), o essere impiegate a scopo “palliativo”, ovvero per ottenere, quasi esclusivamente, un effetto antalgico (antidolorifico).

Esiste il rischio di lesione ad ossa, tendini, nervi o altre strutture anatomiche?

No, un utilizzo corretto e competente delle onde d’urto focali non espone a rischi di questo genere. Sono necessari una precisa conoscenza dell’anatomia delle aree del corpo da trattare e un esame obbiettivo accurato, oltre a una specifica competenza medica in materia.

L’effetto terapeutico è immediato?

No, in genere è necessario attendere alcune settimane (anche un mese e oltre), prima di poter valutare correttamente l’efficacia della terapia. Generalmente è consigliabile un controllo clinico dallo specialista di fiducia a distanza di 2-3 mesi dalla fine del trattamento. Va tenuto presente che, fra una seduta e l’altra, in maniera anche imprevedibile, può verificarsi, in alcuni casi, una riacutizzazione della sintomatologia dolorosa.

Possono essere prescritte anche a scopo preventivo?

No, l’indicazione alla terapia per le patologie tendinee (i cosiddetti “tessuti molli”) è attualmente solo per pazienti in fase sintomatica. Per le patologie dell’osso può essere indicato trattare anche pazienti asintomatici, ma con patologia in fase “attiva”, cioè documentabile con esami strumentali (per esempio, una frattura in lenta guarigione o una necrosi ossea).

 

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