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Tumori, un alto numero di piastrine come marcatore del rischio?

07/07/2017

Un semplice esame del sangue potrebbe rivelarsi molto utile per la diagnosi precoce di tumore. Dei ricercatori della University of Exeter (Regno Unito) hanno identificato nell’alto numero di piastrine un probabile marcatore del rischio oncologico. Ne parliamo con il professor Matteo Della Porta, responsabile Sezione Leucemie di Humanitas.

Quando il numero di piastrine (o trombociti) circolanti nel sangue supera la soglia normale si parla di trombocitosi: «Le piastrine – spiega l’esperto – sono elementi corpuscolati del sangue privi di nucleo, prodotte dal midollo osseo a partire da precursori chiamati megacariociti che derivano dalle cellule staminali emopoietiche. La citochina nota come trombopoietina è la proteina che funge da segnale per indurre la differenziazione delle staminali emopoietiche in megacariociti da cui successivamente si origineranno le piastrine. La principale funzione delle piastrine è la regolazione dell’emostasi ossia il blocco delle emorragie, che fanno seguito ad una qualunque lesione, con un processo di coagulazione del sangue».

(Per approfondire leggi qui: Tumori del sangue, verso trattamenti personalizzati e medicina di precisione)

«Fisiologicamente – continua – in un millimetro cubo di sangue che circola nel corpo sono presenti dalle 150 mila alle 450 mila piastrine. In talune condizioni però tale numero può aumentare ed allora si parla di piastrine alte o di trombocitosi».

Piastrine e diagnosi precoce

Il team di ricerca ha associato questa condizione alla diagnosi di tumore in una popolazione di circa 40 mila pazienti con almeno 40 anni di età. Di questi circa 30 mila presentavano un numero eccessivo di piastrine. In particolare si è visto come più dell’11% degli uomini e oltre il 6% delle donne con trombocitosi avrebbero ricevuto, nell’arco di un anno, una diagnosi di tumore rispetto al 4% e al 2% circa di uomini e donne senza trombocitosi.

Inoltre, negli individui che avessero presentato un secondo aumento di piastrine a distanza di sei mesi dal primo test ematico, il rischio saliva rispettivamente al 18% e al 10%. I tumori più diagnosticati sono risultati quello al polmone e quello al colon-retto. L’associazione era particolarmente forte negli uomini e il potere predittivo della trombocitosi – sostiene uno dei ricercatori – è paragonabile a quello di un nodulo per il tumore al seno.

In conclusione, secondo i ricercatori, una trombocitosi inaspettata dovrebbe essere tenuta in considerazione per un’eventuale diagnosi precoce di tumore. Lo studio, di natura retrospettiva, è stato pubblicato sulla rivista scientifica British Journal of General Practice.

Cosa può segnalare la trombocitosi?

«Nella maggior parte dei casi l’aumento dei livelli di piastrine nel sangue riguarda la presenza nell’organismo di uno stimolo (transitorio o cronico) che induce il midollo osseo ad un’aumentata produzione di questi elementi. Questi stimoli includono una grandissima varietà di cause, da condizioni fisiologiche (ad esempio uno sforzo fisico intenso), fino a patologie anche serie come infezioni, carenza di ferro, malattie infiammatorie acute e croniche e, in alcuni casi, anche tumori. In casi più rari, l’aumento delle piastrine nel sangue è indotto da un malfunzionamento primitivo del midollo osseo, in corso di patologie ematologiche quali le malattie mieloproliferative croniche».

(Per approfondire leggi qui: Cancro, le mutazioni genetiche in un esame del sangue: è la biopsia liquida)

«La diagnosi di trombocitemia in generale non è semplice anche perché la maggior parte dei casi sono asintomatici e vengono scoperti in maniera casuale o con un esame del sangue fatto per altri motivi. La diagnosi parte generalmente da un emocromo che evidenzia una conta piastrinica superiore ai valori fisiologici. L’evidenza di una conta elevata di piastrine va però confermata con emocromi successivi ripetuti a distanza di settimane per escludere il caso di una trombocitosi transitoria. Se le analisi ripetute confermano un trend di piastrine alte allora sarà necessario rivolgersi ad uno specialista ematologo», conclude il professor Della Porta.  

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