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Fegato, nei bambini il fruttosio ha lo stesso effetto dell’alcol?

25/04/2017

Troppo fruttosio metterebbe in pericolo la salute del fegato. Nei bambini e negli adolescenti l’eccessivo consumo di questo zucchero avrebbe lo stesso effetto dell’alcol. Tutta colpa dell’acido urico, il prodotto del metabolismo del fruttosio: se i suoi livelli sono troppo alti c’è il rischio di sviluppare il cosiddetto “fegato grasso”, la malattia a carico del fegato più diffusa al mondo. Lo suggeriscono dei ricercatori dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma in uno studio pubblicato su Journal of Hepatology.

Allo studio hanno partecipato 271 bambini e adolescenti obesi, con un’età media pari a 12,5 anni. Tutti erano affetti da “fegato grasso”, cioè da steatosi epatica non alcolica, una malattia caratterizzata dall’accumulo di grasso nel fegato di persone che non bevono alcol o ne bevono pochissimo. I partecipanti erano stati sottoposti a biopsia e avevano risposto a un questionario sulle loro abitudini alimentari.

(Per approfondire leggi qui: Alcol, bere troppo in adolescenza riduce la materia grigia cerebrale?)

Il 37,6% dei soggetti era affetto anche da steatoepatite non alcolica, una malattia del fegato che può evolvere e portare alla cicatrizzazione e morte dei tessuti. In quest’ultimo gruppo di pazienti, poco meno di 1 su 2 aveva alti livelli di acido urico, una quota maggiore di quella riscontrata nei pazienti che non presentavano questa malattia (meno del 30%). Incrociando i dati con i questionari, è emerso che il maggior consumo di fruttosio era associato ad alti livelli di acido urico, una condizione più frequente nei bambini e negli adolescenti con steatoepatite non alcolica.

Da dove arrivava questo fruttosio?

Soprattutto dalle bevande zuccherate consumate da 9 soggetti su 10 almeno una volta a settimana. Secondo i ricercatori, ogni grammo di fruttosio in eccesso rispetto al fabbisogno giornaliero (circa 25 gr) fa salire di una volta e mezza il rischio di sviluppare gravi malattie del fegato.

Questo perché se il fruttosio è in eccesso viene prodotto troppo acido urico che l’organismo non riesce a smaltire. In questo modo aumenta lo stress ossidativo e si attivano insulino-resistenza e processi infiammatori delle cellule del fegato. Tali meccanismi concorrono allo sviluppo del “fegato grasso” mentre con un fegato già danneggiato accelerano la progressione della malattia verso stadi più gravi proprio come la steatoepatite non alcolica.

Fruttosio, acido urico e metabolismo

«Il consumo dello zucchero da tavola (saccarosio) è aumentato drammaticamente negli ultimi decenni ed è strettamente legato all’aumento dell’obesità, della sindrome metabolica, del diabete e anche della malattia epatica steatosica non alcolica. Il fruttosio è un componente degli zuccheri aggiunti e si distingue da altri zuccheri per la sua capacità di causare deplezione intracellulare di ATP, turnover nucleotidico, e generazione di acido urico. Questi aspetti del metabolismo del fruttosio spiegano il motivo per cui la sua assunzione aumenta il rischio di sindrome metabolica», spiega il dottor Roberto Ceriani, responsabile di Day Hospital epatologico ed Epatologia interventistica dell’ospedale Humanitas.

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«Recenti studi dimostrano che la formazione di acido urico indotta dal fruttosio  provoca stress ossidativo mitocondriale che a sua volta stimola l’accumulo di grasso indipendente da un eccessivo apporto calorico. Questi studi mettono in discussione il dogma di lunga data che “una caloria è solo una caloria” e suggeriscono che gli effetti metabolici del cibo sono tanto importanti quanto il suo contenuto energetico. La scoperta che la formazione di acido urico mediata dal fruttosio può avere un ruolo causale nel diabete, nell’obesità e nella steatosi fornisce nuovi elementi per la terapia di queste malattie», conclude lo specialista.

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