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Tumore alla prostata, un uomo su due ne ignora i sintomi

26/11/2015

Il tumore alla prostata è una forma di tumore non del tutto nota agli uomini. Poco meno della metà, il 47%, infatti ignora i sintomi della neoplasia in stadio avanzato. Una percentuale maggiore invece, che sfiora il 60%, non sempre associa il dolore di cui soffre al tumore alla prostata. I dati arrivano dall’International Prostate Cancer Symptoms Survey, un’estesa indagine internazionale commissionata dall’Internationa Prostate Cancer Coalition. I risultati sono stati presentati al Congresso europeo sul cancro di Vienna.

Il sondaggio è stato realizzato su 1200 persone tra pazienti con tumore avanzato della prostata e assistenti sanitari di 10 Paesi fra cui l’Italia. Oltre la metà del campione (57%) pensa inoltre che il dolore quotidiano sia qualcosa con cui convivere e uno su 3 (34%) afferma che parlare dei sintomi, come il dolore, lo fa sentire più debole. Una tendenza, questa, più marcata in Europa e Asia-Pacifico piuttosto che negli Stati Uniti (36% contro 12%).

Decisivo invece il ruolo dei caregiver, ovvero degli assistenti sanitari anche a domicilio che supportano i pazienti: la metà del campione conta proprio su di loro nel rivolgere le domande più importanti sul tumore della prostata. Per individuare i sintomi del tumore alla prostata c’è un utile strumento on line messo a punto da Bayer, che ha collaborato alla realizzazione dell’indagine. È Men Who Speak Up, una piattaforma on line che fornisce utili risorse, tra cui un “localizzatore” dei sintomi e una guida di discussione con il proprio medico.

(Per approfondire leggi qui: Tumore alla prostata, lavorare su turni non aumenta il rischio)

Il tumore alla prostata è la forma di tumore più diagnosticata nel sesso maschile (20%) e la terza causa di mortalità fra le neoplasie (8%) (fonte dati: I numeri del cancro in Italia 2015).

Ci sono dei sintomi inequivocabili che possono far pensare alla presenza di un tumore alla prostata?

«Il tumore alla prostata è asintomatico, non ha sintomi specifici anche perché nasce da una porzione periferica di quest’organo. A differenza invece della ipertrofia prostatica benigna, un disturbo benigno caratterizzato dall’aumento di volume della prostata: i suoi sintomi sono ben chiari, dalle difficoltà nell’atto della minzione, all’incompleto svuotamento della vescica, all’aumentata frequenza dell’atto della minzione», spiega il dottor Massimo Lazzeri, urologo dell’ospedale Humanitas.

É dunque plausibile il dato che emerge dall’indagine sul tumore alla prostata?

«Il dato è plausibile e richiama tutti, medici e pazienti, a uno sforzo maggiore nel tentativo di invertire questa tendenza. Bisogna evitare che i pazienti si rivolgano agli specialisti con un tumore in fase avanzata».

Cosa si può fare? «Gli uomini devono prendere ancora più coscienza dei rischi a cui vanno incontro con l’età. Devono cambiare la loro attitudine prendendo esempio dalle donne, più attente alla prevenzione: il mio consiglio è di non temere di rivolgersi agli urologi, gli unici che possono valutare, consigliare e definire un eventuale programma di screening».

(Per approfondire leggi qui: Tumore alla prostata, come fare screening e diagnosi precoce al meglio?)

Con che frequenza gli uomini devono farsi visitare da un urologo e a partire da quando?

«Già nella fase della pubertà è indicata una visita da uno specialista. Crescendo, almeno 2-3 visite urologiche prima dei 50-55 anni. Dopo i 55 anni l’uomo merita una particolare attenzione, soprattutto se si sono avuti in famiglia casi di carcinoma alla prostata», suggerisce il dottor Lazzeri.

(Per approfondire leggi qui: Tumore alla prostata, chi è calvo rischia di più)

«È importante che la diagnosi arrivi in tempo: una diagnosi di tumore alla prostata anche in stato avanzato, con metastasi, non equivale a una condanna a morte. Un approccio terapeutico multimodale per questa forma di tumore non solo dà ottime chance di sopravvivenza ma riesce a garantire ai pazienti una buona qualità di vita nella sopravvivenza», conclude lo specialista.

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