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La Biologia Molecolare, fra diagnostica e ricerca clinica

10/01/2006

I recenti progressi nella conoscenza del nostro patrimonio ereditario e nelle tecniche di biologia molecolare hanno reso possibile non solo un rapido sviluppo della ricerca di base ma anche importanti ricadute di quest’ultima sulla diagnostica molecolare. La dott.ssa Annalisa Verri, dottore di Ricerca in Scienze Genetiche e referente del settore di Biologia Molecolare Clinica e Genetica Medica del Laboratorio di Analisi di Humanitas, diretto dal dott. Alessandro Montanelli, illustra gli studi realizzati offrendo una testimonianza importante anche per i giovani che vogliono avvicinarsi a questa realtà.

Dott.ssa Verri, nel corso della sua attività professionale e di ricerca a che cosa ha rivolto particolare attenzione?
“Prima di arrivare in Humanitas, per quindici anni ho svolto attività di ricerca presso l’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia. Ho rivolto il mio interesse scientifico principalmente a proteine importanti nella replicazione e riparazione del DNA, le quali assicurano che il patrimonio ereditario venga tramandato senza errori da una generazione alla successiva. Dopo aver studiato le funzioni di queste proteine nelle cellule umane, ho rivolto la mia attenzione alla controparte virale e batterica, per individuare caratteristiche distintive sfruttabili in ambito farmacologico: in altre parole, per trovare nuove molecole con finalità terapeutiche capaci di inibire la proliferazione di un virus o un batterio, ma innocue per le cellule umane. Queste ricerche sono state possibili grazie alla collaborazione con diversi gruppi di ricerca italiani e stranieri, primo fra tutti quello del prof. George Wright della University of Massachusetts Medical School, che mi ha ospitato durante il Dottorato di Ricerca. Nell’ambito di questi studi, sono stati scoperti – e in seguito brevettati – composti innovativi dotati di specifica attività antivirale”.

Qual è il ruolo di un moderno laboratorio di biologia molecolare?
“Parliamo di una struttura specializzata e qualificata, la cui attività si svolge soprattutto nell’ambito della diagnostica ma anche nel campo della ricerca clinica. In Italia, esiste la necessità di far emergere meglio il ruolo e l’importanza della ricerca sanitaria, diversa da quella degli enti di ricerca e volta a tradurre rapidamente in servizi e cure per i malati le scoperte che si realizzano negli ospedali. Si tratta della ricerca cosiddetta ‘traslazionale’, da cui ci si aspetta un’immediata ricaduta positiva sulla diagnostica e sulla clinica.”

In questo campo quali risultati sono stati ottenuti di recente in Humanitas?
“Nel corso del 2005 nella sezione di Biologia Molecolare del Laboratorio di Analisi di Humanitas, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche con i finanziamenti del Ministero dell’Università e Ricerca Scientifica, abbiamo messo a punto un nuovo metodo di indagine di mutazioni genetiche. Si tratta di una moderna tecnica di sequenziamento che permette l’analisi simultanea di più mutazioni in geni diversi: noi l’abbiamo applicata, in via sperimentale, allo studio delle mutazioni nei geni dei fattori della coagulazione del sangue coinvolti nella trombofilia ereditaria”.

Quale vantaggio offre questa tecnica di indagine rispetto alle altre attualmente disponibili?
“L’estrema affidabilità, che deriva dal fatto che questa metodica si basa direttamente sull’analisi della sequenza del nostro patrimonio genetico. Inoltre, l’alta automazione dell’analisi ben si adatta alle esigenze di un moderno laboratorio di analisi.
La messa a punto di questo nuovo metodo è stato oggetto, oltre che di una tesi di laurea e di una tesi di specialità, anche di pubblicazione su Clinical Chemistry, rivista leader nel settore della chimica clinica”.

Per quanto riguarda invece la diagnostica, come si articola l’attività di un laboratorio di biologia molecolare?
“Innanzitutto in due diversi settori: la diagnostica diretta delle malattie infettive e la genetica molecolare.
Per quanto concerne la diagnosi delle infezioni virali e batteriche, le tecniche basate sull’amplificazione del DNA (la cosiddetta PCR) permettono di rilevare la presenza del genoma virale con una sensibilità ed una specificità inimmaginabili fino a non molti anni fa. In teoria, infatti, è possibile mettere in luce la presenza anche di una sola particella virale e valutarne il grado di replicazione in una fase in cui il paziente non presenta ancora alcun sintomo clinico. Inoltre, la determinazione a livello molecolare dello specifico genotipo dell’agente infettante permette, per esempio nell’infezione da virus dell’epatite C, una miglior valutazione della prognosi. Infine, i test molecolari quantitativi consentono di monitorare gli effetti della terapia antivirale.
Anche nel settore della Genetica Medica si può oggi contare su moderne tecnologie, quali la real-time PCR (amplificazione genica in tempo reale), che garantiscono alta efficienza ed accuratezza nelle mani di personale tecnico qualificato. I test genetici, per le loro peculiarità e soprattutto per le loro implicazioni etiche e psicologiche, costituiscono un’area molto delicata: questo tipo di analisi infatti spesso non riguarda solo l’identità biologica della persona direttamente coinvolta ma anche quella dei familiari”.

Che cosa sono i test genetici?
“Per test genetici s’intende l’analisi di specifici geni e della loro funzione, nonché ogni altro tipo di indagine su DNA, RNA o cromosomi.
Esistono diversi tipi di test genetici con finalità distinte. Tra questi le indagini diagnostiche vere e proprie, che consentono di confermare o meno un sospetto clinico: ad esempio il test per la ricerca di microdelezioni nel cromosoma Y, un test che eseguiamo per l’Unità Operativa di Medicina della Riproduzione per la diagnosi delle cause dell’infertilità maschile.
Una seconda categoria di test genetici sono quelli di identificazione dei portatori sani, che permettono di individuare la presenza di mutazioni in uno specifico gene. Ne è un esempio il test per la ricerca di mutazioni nel gene della fibrosi cistica, che viene eseguito sulle coppie candidate a tecniche di riproduzione assistita: la frequenza dei portatori di questo gene è piuttosto elevata (1/25) e l’infertilità maschile dipende, a volte, da una forma lieve o incompleta di tale malattia.
Test genetici sono anche quelli di suscettibilità, che consentono di individuare caratteristiche genetiche che di per sé non sono responsabili di una patologia ma comportano un aumento del rischio di insorgenza in seguito all’esposizione a particolari condizioni ambientali o alla presenza di altri fattori genetici scatenanti. L’individuazione di persone sane ma a rischio genetico di ammalarsi potrebbe giustificare l’eventuale attivazione di misure preventive, variabili in base all’anomalia genetica messa in evidenza. Un esempio di questo tipo di analisi genetica è il test che, mediante la determinazione degli aplotipi DQ2 e DQ8, consente al clinico di sottoporre ad indagini invasive per la diagnosi di malattia celiaca solo i pazienti con un corredo genetico predisponente”.

Progetti futuri nell’ambito della ricerca clinica?
“Stiamo per iniziare un nuovo progetto in collaborazione con il gruppo di ricerca del prof. Alberto Mantovani, focalizzato su alcune mutazioni in geni che codificano proteine coinvolte nell’immunità innata. Mi auguro che, all’interno di una struttura IRCCS come Humanitas, questa collaborazione tra due gruppi che si occupano rispettivamente di ricerca clinica e di base possa in parte contribuire a superare l’errata idea, italiana ed europea, che esista una contrapposizione tra queste due aree”.

A cura della Redazione

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