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Tumori

Glifosato, per il tribunale di San Francisco può far ammalare di tumore

02/10/2018

Il verdetto era atteso con interesse da altre migliaia di persone che negli ultimi anni hanno raccontato di essersi ammalate di tumore in seguito all’utilizzo di erbicidi contenenti glifosato. Ora la notizia è arrivata: la corte di giustizia della città di San Francisco ha deliberato, dopo tre giorni di riunioni, che il glifosato presente nei prodotti Monsanto chiamati “Roundup” e “Ranger Pro” è stato la causa della malattia di Dewayne Johnson. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Maria Chiara Tronconi, oncologa di Humanitas.

 

Il caso Monsanto

La Monsanto Company, multinazionale agrochimica, è stata costretta a risarcire il giardiniere Dewayne Johnson, malato terminale che ha portato in giudizio e condanna l’azienda, per una cifra di 289 milioni di dollari. L’uomo, che per oltre trent’anni ha lavorato come giardiniere in varie scuole pubbliche della California, si era ammalato di tumore al sistema linfatico. Gli avvocati di Johnson hanno sostenuto che si fosse ammalato di tumore a causa del glifosato contenuto negli erbicidi usati dal giardiniere nel corso del suo lavoro. In passato Johnson aveva mostrato i segni dei danni sulla schiena e sulle braccia dopo aver utilizzato gli erbicidi che venivano spruzzati almeno trenta volte l’anno nei giardini in cui era impiegato. Ora la Monsanto dovrà pagare 39 milioni di dollari come ricompensa e altri 250 milioni come danni collaterali all’ex giardiniere il quale, secondo i medici, potrebbe non sopravvivere oltre il 2020.

La sentenza

Questa sentenza tuttavia non risponde a una domanda, ossia se effettivamente Roundup e Ranger Pro possono essere la causa di neoplasie e nel caso ciò fosse vero la Monsanto avrebbe deliberatamente omesso una tale informazione sui suoi prodotti. Nel marzo 2015 l’Organizzazione Mondiale per la Ricerca e la Cura del cancro (IARC) ha affermato che l’elemento chiave della composizione chimica del Roundup è probabilmente cancerogeno per l’uomo. Dal canto suo la Monsanto ha replicato affermando secondo gli studi condotti dall’azienda, il glifosato risulta sicuro. L’impossibilità di provare ciò è comunque costato all’azienda Monsanto il risarcimento al lavoratore. La sentenza a favore di Johnson apre ora le porte ad altre migliaia di cause simili intentate da persone che si sono ammalate di tumore in seguito all’utilizzo dei prodotti Monsanto, di proprietà della azienda tedesca Bayer. Proprio gli erbicidi con glifosato Roundup e Ranger Pro sono i principali indiziati delle malattie. Secondo la giuria californiana Monsanto “ha agito con malizia, minacciando gli scienziati che proclamavano i danni possibili causati dal glifosato. Inoltre non ha mai rivelato agli acquirenti i rischi dovuti all’utilizzo di questi erbicidi”. I legali della Monsanto hanno invece comunicato che faranno ricorso contro il verdetto. Intanto almeno altri cinquemila casi di vittime sono al vaglio dei tribunali.

 

Il parere di Humanitas

“Anche se apparentemente sotto accusa è l’utilizzo diretto del potente erbicida – ha specificato Tronconi – quello che rimane ancora più aperto è il quesito in merito alla diffusione nella catena alimentare della sostanza e il suo reale impatto sulla salute della popolazione generale. In laboratorio il glifosato provoca danni genetici e stress ossidativo, ma negli studi condotti sull’uomo la cancerogenicità non è stata ancora dimostrata con assoluta certezza”.

“Uno studio svolto con il glifosato somministrato ai ratti sembrava averne dimostrato la cancerogenicità – ha poi proseguito la specialista -. Tuttavia, l’articolo pubblicato nel 2012 è stato in seguito ritrattato per problemi di metodo. Dopo attenta analisi delle prove disponibili, lo IARC di Lione ha classificato il glifosato nel gruppo 2 A, tra i probabili cancerogeni. Nella stessa categoria sono presenti sostanze come il DDT e gli steroidi anabolizzanti, ma anche le emissioni da frittura in oli ad alta temperatura, le carni rosse, le bevande bevute molto calde e le emissioni prodotte dal fuoco dei camini domestici alimentati a legna o con biomasse. In pratica si tratta di sostanze per cui ci sono prove limitate di cancerogenicità nell’uomo, ma dimostrazioni più significative nei test con gli animali.

In particolare, gli studi epidemiologici sulla possibile attività del glifosato negli esseri umani hanno segnalato un possibile, lieve aumento del rischio di linfoma non-Hodgkin tra gli agricoltori esposti per lavoro a questa sostanza. In conclusione la sostanza è sospetta per essere cancerogena, ma ancora necessita di valutazioni controllate e che siano condotte in maniera metodologicamente ineccepibile al fine di ottenere risultati chiari e inoppugnabili, rispetto a quanto accaduto in un recente passato.

 

Il principio di precauzione

“In Italia vige il cosiddetto principio di precauzione – ha concluso Tronconi -: non avendo risposte definitive sulla pericolosità o meno di questo prodotto chimico ne viene fortemente limitato l’uso, con il ritiro dal commercio di quei prodotti contenenti ammina di sego polietossilata accoppiata al glifosato (combinazione che secondo il rapporto dell’EFSA potrebbe essere responsabile degli effetti tossici sull’uomo). Il successo del glifosato dagli anni 70 è dovuto a vari fattori, tra i quali vi è la minore tossicità per l’uomo rispetto agli erbicidi in uso all’epoca della sua introduzione: il prodotto ha una penetrazione molto bassa nel suolo, va incontro a facile degradazione, è molto limitata la probabilità che suoi residui riescano a raggiungere le falde acquifere. Questo è confermato dalla sua maggior presenza nelle acque superficiali e nella scarsa frequenza di rinvenimento nei pozzi.

Nel tempo tuttavia, sul glifosato, si sono succedute diverse valutazioni di rischio da parte di Agenzie governative; secondo un’inchiesta di Le Monde del 2017 Monsanto avrebbe tentato di influenzare molte di queste valutazioni.

La sentenza Californiana potrebbe condurre a una più rapida e netta presa di posizione, che potrebbe condurre in tempi ragionevolmente brevi al divieto totale e definitivo dell’utilizzo di questo pericoloso erbicida”.

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