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Malattie autoimmuni, il consumo di sale è un fattore di rischio

28/07/2015

Il consumo di sale può favorire l’insorgenza e il peggioramento delle malattie autoimmuni. La correlazione tra il sale e queste patologie, la cui incidenza è in aumento negli ultimi anni, è stata avanzata da alcuni istituti di ricerca tra cui Yale Medical School e Harvard Medical School (Stati Uniti). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Con dei test condotti su modelli sperimentali, i ricercatori hanno preso in esame l’attività delle cellule T. Hanno scoperto che aggiungendo sale a una dieta alimentare si stimolava la produzione di un sottotipo di cellule T, le Th17, precedentemente associate alle malattie autoimmuni. In laboratorio è stato preso in esame un modello di Sclerosi multipla.

«Il ruolo delle cellule Th17 è stata una scoperta recente. Prima si pensava che tutti i linfociti, appena fossero attivati, diventassero cellule di tipo 1, maggiormente coinvolte nello sviluppo dell’autoimmunità, o di tipo 2. Questo paradigma è stato superato. I linfociti hanno diversi destini, è come se fossero cellule “disoccupate” che diventano poi “lavoratrici specializzate”», spiega il professor Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia e immunologia clinica di Humanitas e docente all’Università di Milano.

Che ruolo hanno queste cellule riguardo le malattie autoimmuni?

«Le cellule Th17 producono l’interleuchina 17 e sono controllate dall’interleuchina 23. Entrambe giocano un ruolo chiave nello sviluppo delle infiammazioni croniche, ad esempio nella psoriasi, nell’artrite psoriasica e nell’artrite reumatoide. Queste interleuchine – prosegue – sono diventate un bersaglio di farmaci in fase di sviluppo che si stanno rivelando efficaci nel trattamento dell’artrite psoriasica».

Cosa insegna questa ricerca su sale e malattie autoimmuni?

«In primo luogo, una conferma della correlazione tra metabolismo e infiammazioni, già nota e documentata. Basti pensare alle persone in sovrappeso o diabetiche che hanno uno stato infiammatorio sottotraccia costante che ne spiega il rischio cardiovascolare. Lo studio ci offre pertanto un motivo in più per consumare meno sale: questo aumenta il rischio di malattie autoimmuni e aggrava le condizioni di salute in chi già ne soffre».

Il rapporto tra geni e fattori ambientali è la chiave per capire lo sviluppo delle malattie autoimmuni?

«Certamente. L’ambiente può interviene su pazienti geneticamente predisposti. Questo studio ha fatto scuola, dimostrando che la concentrazione di sale, un chiaro “fattore ambientale”, cambia la produzione di interleuchina 23. Un altro importante studio ha invece sottolineato come rispetto al solo fumo di sigaretta, il consumo di sale fa raddoppiare il rischio di sviluppare l’artrite reumatoide nei fumatori. Il fumo – sottolinea il professor Selmi – è un certo fattore di rischio per molte malattie autoimmuni».

Sull’interazione tra geni e ambiente l’esempio dei gemelli è calzante: «È forse l’esempio più esemplificativo. In due gemelli identici, se uno ha già sviluppato ad esempio una forma di artrite reumatoide, nell’altro c’è solo il 30% di probabilità di svilupparla. Sul restante 70% potrebbe pesare proprio l’ambiente», conclude il professore. (Per approfondire leggi qui: Perché le malattie autoimmuni colpiscono più le donne?)

 

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