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Ernia del disco, tutti i luoghi comuni

28/10/2004

Sono numerosi i luoghi comuni che gravitano intorno all’ernia del disco: una serie di convinzioni spesso prive di fondamento. Dopo quelle prese in esame la scorsa settimana, ne descriviamo altre con l’aiuto del dott. Cesare Griffini, neurochirurgo con una lunga esperienza clinica sulla patologia discale, che collabora con l’Unità Operativa di Ortopedia di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Dott. Griffini, proseguiamo il racconto delle convinzioni più tipiche e delle domande che la gente le pone con più frequenza?

QUINTO LUOGO COMUNE: “Mi hanno detto che adesso l’ernia discale non si opera più…”
“Il detto va così corretto: adesso non si opera più l’ernia discale che non va operata. Le tecniche neuroradiologiche sempre più perfezionate, unite ad una completa valutazione clinica, hanno portato ad un criterio più ragionato circa l’operabilità dell’ernia lombare con una conseguente riduzione degli interventi”.

SESTO LUOGO COMUNE: “E’ inutile farsi operare, tanto l’ernia si riforma!”
“Esiste in ogni casistica operatoria una percentuale di recidiva inevitabile, dovuta al riformarsi di tessuto simil-discale. Per recidiva discale si intende un’ernia che si riforma allo stesso disco, allo stesso lato operato. Tale percentuale è del 2-3%, ciò significa che su 100 persone operate 97-98 non avranno recidiva”.

SETTIMO LUOGO COMUNE: “Dopo l’intervento in anestesia totale
ho paura di non svegliarmi più… Non si può operare con
anestesia locale?”

“L’ernia lombare in microchirurgia viene operata con l’ausilio del microscopio ingranditore. Il paziente deve essere posizionato prono con appoggi al bacino e al torace, tale posizione è mal tollerata dal paziente sveglio per il periodo dell’intervento (che può variare dai 30 ai 60 minuti).
Per quanto riguarda la narcosi, le tecniche attuali di anestesia comportano un rischio di incidente grave nella misura di circa 2 episodi ogni milione di anestesie. Vi è un rischio maggiore a percorrere l’autostrada Bergamo-Milano”.

OTTAVO LUOGO COMUNE: “Poi non resterò sulla sedia a rotelle?”
“E’ una leggenda metropolitana difficile da sconfiggere anche perché rinverdita da parecchie persone anche del mestiere. Andare sulla sedia a rotelle equivale, in termini medici, ad essere paraplegico o paraparetico (cioè paralisi totale o parziale agli arti inferiori da danno midollare). Ciò è impossibile che avvenga a seguito di un intervento per ernia lombare; essa si localizza nel 93% dei casi agli ultimi tre livelli (L3-L4; L4-L5; L5-S1). Il midollo invece termina ben più in alto, a livello della prima o seconda vertebra lombare (L1 o L2)”.

Dott. Griffini, concludiamo con un consiglio?
“Il timing chirurgico è un punto essenziale nel trattamento dell’ernia lombare. Se la compressione da parte di un’ernia sulla radice nervosa dura troppo a lungo, si possono verificare nella radice stessa delle alterazioni che sono di per sé causa del dolore (il cosiddetto dolore da deafferentazione): ecco perché l’ernia non va tenuta troppo a lungo ma va operata quando non trova una sua naturale, iniziale evoluzione”.

E’ possibile prevenire in qualche modo l’ernia?
“Quando si parla di ernia non possiamo parlare di prevenzione, ma di buone abitudini e stili di vita. Le ernie del disco sono aumentate rispetto al passato, innanzitutto perché vengono diagnosticate in modo più preciso ed efficace; poi ci sono le abitudini di vita attuali che accentuano il problema, come la sedentarietà in ufficio, i movimenti scorretti, l’uso frequente dell’auto, l’utilizzo dell’ascensore invece delle scale. Questi comportamenti causano un depotenziamento della muscolatura che sostiene la colonna vertebrale. Ci vuole più movimento: lo sport e l’attività fisica in genere rappresentano un’ottima prevenzione”.

Di Francesca Di Fronzo

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