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Benessere

Sincopi: attenzione ai lavori ad alto rischio

30/04/2015

La maggior parte delle sincopi, circa il 70%, sono benigne. Dal punto di vista strettamente medico questi svenimenti benigni, chiamati “sincopi vasovagali o neuromediate” non sono preoccupanti: la mortalità a esse legate nella stragrande maggioranza dei casi è infatti identica a quella delle popolazione normale. La situazione si complica se le sincopi risultano associate a preesistenti patologie cardiovascolari: in questo caso, infatti, il 15-20% dei soggetti colpiti da sincope decede entro 12 mesi. Ma non solo.

Come spiega il dottor Raffaello Furlan, Responsabile dell’Unità Operativa Clinica Medica dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) che sull’argomento ha recentemente scritto un libro, “Vasovagal syncope” (Springer Publisher), «le sincopi benigne possono avere ripercussioni letali anche in soggetti che svolgono lavori ad alto rischio come carpentieri, pompieri, personale a continuo contatto con altoforni o con macchinari pericolosi. Senza considerare che, nel caso di lavori come il conducente di automezzi pubblici, una perdita di coscienza al volante può comportare gravi conseguenze anche per terze persone, in particolare per i passeggeri del veicolo e per gli altri automobilisti».

Un ulteriore problema che ha a che fare con la sincope e l’attività lavorativa è rappresentato dalla necessità di reinserimento successivo del lavoratore nell’abituale ambito lavorativo. Quando e secondo quali modalità, per evitare danni al soggetto e ai terzi? «Un’attribuzione di nuove mansioni – spiega il dottor Furlan – è una delle soluzioni più spesso praticate. Tuttavia, questa soluzione non sempre è condivisa dal lavoratore. E spesso la “nuova” attribuzione non si rivela temporanea come sperato».

È proprio per cercare di gestire la meglio e in modo scientifico la problematica delle sincopi e lavoro che in Humanitas l’Unità Sincopi si è ulteriormente specializzata su questa tematica, unico esempio in Italia e nel mondo. Il tutto grazie al contributo della dottoressa Franca Barbic, un medico del lavoro con esperienza pluriennale in merito.

 

La sincope tende a ripetersi entro sei mesi

«Grazie a un primo studio condotto su oltre 250 soggetti in età lavorativa (18-65 anni) presentatisi nei pronto soccorso di quattro ospedali milanesi, siamo attualmente in grado di affermare che c’è un picco particolarmente evidente di ricorrenza della seconda sincope entro sei mesi dal primo episodio. Dopodiché la frequenza di ricorrenza si riduce sempre di più. Abbiamo pertanto un prezioso elemento temporale raccolto specificamente su una popolazione in età lavorativa, in base al quale il medico del lavoro o il medico di famiglia possono fornire suggerimenti al lavoratore su quando rientrare al lavoro e con quali precauzioni».

«Inoltre, le nostre curve di “condizione in assenza di sincope” possono essere proposte anche al datore di lavoro per decidere, su consiglio del medico del lavoro, quanto a lungo il lavoratore che ha avuto una sincope è bene che venga assegnato a una mansione lavorativa non pericolosa. Attualmente molti medici del lavoro di Milano inviano alla dottoressa Barbic lavoratori che hanno sofferto di un episodio sincopale mentre lavoravano per una valutazione di “terzo livello”. Abbiamo elementi concreti raccolti su popolazione in età lavorativa in base ai quali il medico del lavoro o il medico di famiglia possono dare suggerimenti al lavoratore su quando rientrare al lavoro, e che il datore di lavoro può utilizzare per decidere quanto a lungo il lavoratore che ha avuto una sincope è bene che venga assegnato a una mansione lavorativa non pericolosa».

 

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