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Diabete, stare seduti davanti alla tv aumenta il rischio

09/04/2015

Il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 sale nelle persone prediabetiche se queste passano molto tempo davanti al televisore. Per ogni ora il rischio aumenta del 3,4%. Lo sostiene una ricerca dell’Università di Pittsburgh pubblicata di recente su Diabetologia, la rivista dell’Associazione europea per gli studi sul diabete.

La ricerca si è servita dei dati di oltre 3.200 pazienti coinvolti nel Diabetes Prevention Program (DPP), un programma statunitense di ricerca nato con l’obiettivo di scoprire se per prevenire o ritardare lo sviluppo del diabete di tipo 2 fossero più efficaci una modesta perdita di peso grazie a una dieta diversa e l’incremento dell’attività fisica, o il trattamento con la metformina, un farmaco per il trattamento del diabete. Secondo i risultati diffusi nel 2002, a essere più utile era il primo mix di fattori: perdere chili e fare esercizio erano più efficaci del trattamento farmacologico. Nel primo caso la riduzione era del 58%, nel secondo solo del 31%.

I partecipanti erano prediabetici, ovvero avevano un livello di glucosio nel sangue più alto del normale ma non tanto per diagnosticare il diabete. Gli scienziati di Pittsburgh hanno valutato l’impatto della correzione degli stili di vita vincenti secondo il programma di ricerca sul tempo passato seduti davanti al piccolo schermo. Nei partecipanti che modificavano il loro stile di vita, questo “monte ore” si riduceva di 22 minuti a differenza delle persone che assumevano la metformina (solo tre minuti in meno) e in chi assumeva un placebo (meno otto minuti).

La sedentarietà è nemica del metabolismo

Dalla ricerca dell’università americana, e dal Diabetes Prevention Program, emerge chiaramente l’importanza della prevenzione e della lotta alla sedentarietà, nemica del metabolismo. In particolare, l’attività fisica ha la capacità di “attivare” il metabolismo, di far perdere massa grassa ma soprattutto di incrementare quella magra, con la conseguente ottimizzazione dei nutrienti (ingresso dei carboidrati nel tessuto muscolare, riduzione degli acidi grassi circolanti e quindi, riduzione dell’insulino-resistenza, un fattore chiave nello sviluppo del diabete). Importante è seguire un programma appropriato in base all’età, all’allenamento e all’eventuale presenza di altre patologie e di svilupparlo con costanza.

Il ruolo della prevenzione emerge chiaramente dal DPP. «La condizione definita “prediabete” (valori di glicemia a digiuno compresi tra 105 e 125 mg/dl o emoglobina glicata tra 6 e 6.5%) è un’alterazione metabolica che rappresenta un fattore di rischio per sviluppare ovviamente il diabete ma anche patologie cardio-cerebrovascolari. L’importante lavoro del DPP eseguito su un’ampia casistica – aggiunge – evidenziò come da questa condizione (purtroppo attualmente non trattabile con farmaci) si poteva migliorare e tornare a una condizione di normoglicemia, o comunque ritardare lo sviluppo di altre patologie metaboliche, con attività fisica e dieta equilibrata».

Cosa deve fare chi si trova in questa condizione? I prediabetici devono assolutamente rivolgersi al medico di fiducia, ma anche direttamente a centri specializzati, per iniziare un percorso di modifica di stile di vita (dieta, esercizio fisico, smettere di fumare) e di correzione delle patologie associate (come dislipidemia, ipertensione arteriosa, iperuricemia, obesità) per ridurre il più possibile il rischio di sviluppare malattie cardio-cerebrovascolari, sottolineano i professionisti di Humanitas.

 

 

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