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Tecnologia

PEC, TAC e risonanza magnetica, i nuovi esami diagnostici per prevenire e curare varie patologie

22/12/2008

Esistono dispositivi avanzati che sono già concepiti in partenza per inglobare ed integrare diverse tecnologie. Un esempio è la PET-CT, uno degli apparecchi più innovativi nell’ambito dell’imaging diagnostico. Questa tecnica abbina infatti la capacità di raccogliere le immagini ad alta definizione della TAC, con informazioni metaboliche estremamente dettagliate raccolte dalla PET, la tomografia ad emissione di positroni.
La PET – spiegano i professionisti di Humanitas – è una metodica diagnostica in grado di tradurre in immagini il metabolismo di molecole fondamentali per l’organismo, rilevando alterazioni funzionali anche molto precoci di organi e apparati. Oltre ad individuare il tessuto tumorale, la PET è in grado di valutarne accuratamente l’estensione. Può essere utilizzata, dunque, per avere informazioni in tempo quasi reale sull’andamento di una terapia: se le cellule non consumano più zucchero significa che stanno morendo, quindi il paziente risponde in modo positivo alla cura. Sovrapporre questo tipo di informazioni alle immagini della TAC, in grado di fornire la localizzazione anatomica esatta del tessuto tumorale individuato, aumenta ulteriormente l’accuratezza diagnostica della PET.

La PET-CT presente in Humanitas raccoglie contemporaneamente informazioni anatomiche e metaboliche e le fonde fra loro, garantendo un potenziale informativo altrimenti non possibile. E’ estremamente utile nello studio dei tumori, specialmente nelle forme più diffuse o che crescono contemporaneamente in più distretti, come i linfomi. “Dal momento che questo dispositivo unisce una tecnologia radiologica, la TAC, a una metodica della Medicina Nucleare – conclude Balzarini – può essere utile che la PET-CT, in casi particolari, di fronte a condizioni patologiche tipiche dell’oncologia, venga ‘letta’ insieme da un radiologo e da un medico nucleare. In questo modo è possibile garantire ai pazienti una lettura di immagini complementari sempre più accurata e al passo con i tempi imposti dall’evoluzione della tecnologia, facendo inoltre crescere figure professionali ‘ibride’, in linea con le grandi possibilità offerte dalle apparecchiature di ultima generazione”.

Il sistema nervoso nel mirino

Uno dei settori in cui, negli ultimi anni, la Risonanza Magnetica ha dato un contributo fondamentale è lo studio del sistema nervoso e delle sue patologie. Tra gli impieghi più diffusi e importanti c’è lo studio dei tumori, sia nella prima fase di identificazione e stadiazione, sia nei successivi controlli durante e dopo il trattamento terapeutico. “Con le macchine più avanzate, che hanno tempi di indagine estremamente contenuti e una maggior definizione delle immagini – spiega la dottoressa Maria Consuelo Valentini, esperta di Neuroradiologia e responsabile del Servizio di Neuroradiologia dell’Ospedale CTO di Torino -, possiamo effettuare esami innovativi. Ad esempio la spettroscopia, un sistema di analisi della biochimica dei tessuti che valutando la concentrazione di alcuni metabolici orienta sull’integrità dei neuroni piuttosto che sulla proliferazione di cellule tumorali o di necrosi tissutale. Insieme alla perfusione, che valuta la vascolarizzazione cerebrale, riusciamo ad ottenere informazioni sul grado di malignità dei tumori o a sapere se il tumore è ancora attivo dopo un trattamento radiante.

Attraverso la Risonanza Magnetica funzionale, poi, i neuroradiologi riescono a fornire ai neurochirurghi una mappa dettagliata delle aree del cervello di primaria importanza, come i centri della parola, della visione e del movimento, e l’esatto posizionamento di una massa tumorale rispetto ad esse. Un’altra tecnica di studio è la trattografia, che ricostruisce in tre dimensioni il decorso delle fibre nervose dell’encefalo. Così possiamo vedere, ad esempio, da dove partono i segnali per muovere una mano, e se l’eventuale presenza di cellule tumorali interferisce con questa funzione. Tali informazioni sono fondamentali per la pianificazione della terapia: intervento chirurgico o trattamento radiante. Tutte queste metodiche, naturalmente, sono di notevole supporto anche nella diagnosi e nello studio delle altre patologie neurologiche. Inoltre soprattutto la Risonanza Magnetica Funzionale può essere utilizzata in via sperimentale per studiare le funzioni cognitive e psicologiche nel soggetto sano, aiutandoci a capire sempre di più come funziona il nostro cervello”.

Bergamo: la tecnologia per il cuore

Uno degli strumenti più avanzati e meno invasivi per lo studio della patologia coronarica è la TC multislice a 64 strati, come quella installata presso Humanitas Gavazzeni a Bergamo, centro all’avanguardia nella cura delle patologie cardiache. “Si tratta di uno strumento molto sofisticato, in grado di acquisire in tempi brevissimi un’enorme mole di dati su un organo in movimento come è il cuore – afferma il dottor Enzo Angeli, responsabile del Servizio di Radiologia e Diagnostica per Immagini di Humanitas Gavazzeni -. In pochi secondi raccoglie molte centinaia di sezioni anatomiche assiali di spessore inferiore al millimetro, che vengono successivamente ricostruite fino ad ottenere un’immagine tridimensionale dell’organo da studiare. Questo ci permette di avere a disposizione un modello virtuale delle coronarie davvero fedele. Possiamo così individuare la presenza di eventuali condizioni patologiche senza ricorrere ad un metodo più invasivo come la coronarografia. Quest’ultimo esame, che prevede l’inserimento di un catetere arterioso generalmente con accesso femorale, rimane comunque la tecnica fondamentale nelle situazioni in cui prevediamo che, contestualmente alla diagnosi, dovremo intervenire allargando un’occlusione o inserendo uno stent. La coronaro TC, invece, molto meno invasiva, è particolarmente indicata nei casi in cui il paziente non è un soggetto tipicamente a rischio e c’è solo un sospetto di patologia, che possiamo così escludere con facilità”.
Un altro strumento estremamente utile nello studio delle malattie cardiache, in funzione da poco tempo in Humanitas Gavazzeni è la Risonanza Magnetica ad alto campo. “Con questa macchina si riesce a studiare tutto il muscolo cardiaco, il suo movimento, la perfusione e la sua vitalità – precisa Angeli -. È una metodica potenzialmente in grado di fornire gli stessi dati che si otterrebbero da un’ecocardiografia e da una scintigrafia miocardica“. Si tratta di uno strumento che promette di dare un grande contributo in questo settore, sia per la qualità delle informazioni che raccoglie, sia per il fatto che non impiega radiazioni e risulta, quindi, meno invasivo per il paziente.

A Catania una nuova arma contro il tumore al seno

È una metodica per studiare il tumore alla mammella che unisce i principali vantaggi della RM ad un’elevata definizione dell’immagine, con lo scopo di identificare anche piccolissimi noduli, impalpabili ed invisibili con le tecniche tradizionali: la Risonanza Magnetica ad elevata risoluzione spaziale arriva dallo Sloan Kettering di New York, uno dei principali centri oncologici del mondo. Spiega il dottor Francesco Pane, responsabile della Diagnostica Senologica di Humanitas Centro Catanese di Oncologia, che ha introdotto questa tecnica per la prima volta in Italia: “Attualmente la mammografia rimane la sola indagine diagnostica che provatamente riduce la mortalità per cancro della mammella. Come tutte le metodiche di imaging ha comunque anche dei limiti, ad esempio in presenza di un’elevata densità ghiandolare, di protesi mammarie o di cicatrici chirurgiche. La Risonanza Magnetica mostra maggiore sensibilità sulle lesioni mammarie, e quindi permette non solo di identificare anche piccolissimi noduli, ma anche di studiarne la dinamica vascolare.

La tecnica di studio della mammella con la Risonanza Magnetica non è ancora oggi univoca nei diversi Centri. La Risonanza Magnetica con mezzo di contrasto endovenoso (Gadolinio) sfrutta la neoangiogenesi del tumore, cioè la sua ipervascolarizzazione (un tessuto tumorale induce la formazione di nuovi vasi sanguigni intorno a sé e al proprio interno). La neoangiogenesi fa sì che le lesioni tumorali acquisiscano precocemente e velocemente il mezzo di contrasto, ma altrettanto rapidamente lo dismettano. Per questo motivo il tempo è fondamentale. Per avere la massima velocità di acquisizione bisogna utilizzare un campo di vista – cioè un diametro – molto ampio, che comprende entrambe le mammelle. La risoluzione quindi è minore e non c’è una buona definizione morfologica. L’approccio innovativo messo a punto a New York invece predilige un’elevata risoluzione spaziale, piuttosto che la velocità e il tempo. Grazie all’utilizzo di una particolare bobina dedicata – cioè di un accessorio da posizionare in prossimità della parte anatomica da studiare – appositamente pensata per il seno, si ha una migliore risoluzione dell’immagine. L’utilizzo di un campo di vista dedicato per ogni singola mammella permette un’ottima valutazione morfologica delle lesioni, contenendo i tempi di acquisizione. È così possibile identificare anche piccolissimi noduli impalpabili e invisibili alla risonanza magnetica tradizionale, cioè ad elevata risoluzione temporale“.

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