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Leggere il libro dei nostri geni per una migliore diagnosi clinica

19/05/2005

L’analisi citogenetica consente di studiare il numero e la struttura dei cromosomi, veicolo dell’ereditarietà, e di leggere il grande libro del nostro genoma. Un lavoro di diagnostica e ricerca complesso quanto gratificante, che può permettere di scoprire la causa di condizioni patologiche di cui si possono prevenire le conseguenze, o indirizzare il medico affinché possa scegliere la terapia più adeguata a seconda del profilo genetico dell’individuo migliorando le condizioni di vita del paziente. L’analisi citogenetica può essere eseguita in epoca sia prenatale sia postnatale, applicata allo studio degli aborti spontanei piuttosto che dei tumori.
La dott.ssa Daniela Bettio, biologa e referente del Laboratorio di Citogenetica e Genetica Medica di Humanitas, illustra questa disciplina e i suoi rapporti con la biologia molecolare.

Che cos’è la citogenetica
“La citogenetica studia il numero, la struttura, la funzione e l’evoluzione dei cromosomi contenuti nel nucleo di ogni cellula che compone il nostro organismo. I cromosomi sono costituiti da DNA che racchiude tutte le informazioni genetiche riguardanti l’individuo. Il cromosoma è come un libro che contiene moltissime parole: i geni. Il citogenetista vede il cariotipo, cioè un libro di 46 pagine, tanti sono i cromosomi della specie umana, ma non può leggerne le parole e verificare se sono ‘scritte correttamente’.
Le malattie genetiche si distinguono in malattie geniche dovute all’alterazione di un singolo gene (ad esempio talassemia, fibrosi cistica etc.) e malattie cromosomiche dovute ad una alterazione di numero o struttura dei cromosomi (ad esempio sindrome di Down o trisomia 21). Le malattie cromosomiche sono tra le più importanti cause di morte prenatale o di patologie congenite, basti pensare che circa 1 neonato su 100 ne è portatore. Più rare sono le malattie geniche, dove l’errore di un singolo gene, se portato da entrambi i genitori, può dare un rischio del 25% di avere figli affetti da patologia. Le tecniche di biologia molecolare vengono impiegate nello studio dettagliato del singolo gene e delle sue eventuali anomalie. Sia la citogenetica sia la biologia molecolare sono discipline relativamente recenti: basti pensare che l’esatto numero di cromosomi umani è stato definito nel 1956 e la tecnica oggi più comunemente impiegata in biologia molecolare (PCR) è stata introdotta solo nel 1985.
Per la citogenetica ci sono poi voluti circa 15 anni per arrivare dal numero dei cromosomi allo studio della loro struttura: infatti le prime tecniche di bandeggio, che permisero di riconoscere i diversi cromosomi e l’integrità strutturale, sono state introdotte nel 1970. Da allora ci sono state una serie di scoperte innovative, quali ulteriori tecniche di bandeggio, allungamento dei cromosomi e ibridazione in situ fluorescente (FISH), che hanno permesso alla citogenetica tradizionale di identificare anche minuscole alterazioni cromosomiche quali microdelezioni, inversioni, traslocazioni criptiche, responsabili di patologie che si pensava dovute ad errori genici”.

Gli ambiti di applicazione
“L’analisi citogenetica – prosegue la dott.ssa Bettio – è lo strumento indispensabile per la diagnosi delle malattie cromosomiche e permette di compiere indagini sia prenatali sia postnatali. All’inizio furono soprattutto queste ultime a permettere l’applicazione dello studio dei cromosomi a casi concreti, come ritardo mentale, malformazioni multiple, ritardo dell’accrescimento e/o dello sviluppo psico-motorio, tutto quello cioè che suggeriva una sindrome cromosomica.
In seguito, la citogenetica è stata applicata allo studio dell’infertilità, da cui è colpita larga parte della popolazione: in generale si stima una coppia su dieci. Molti casi di infertilità maschile sono associati ad un’anomalia cromosomica: il 12% dei maschi con assenza (azoospermia) o con numero molto ridotto di spermatozoi (severa oligospermia).
Dagli anni ’80 si conducono studi citogenetici approfonditi sugli aborti spontanei, un fenomeno che riguarda circa il 15-20% di tutte le gravidanze, cioè una su sei. Il 60-70% degli aborti spontanei presenta un’anomalia cromosomica che nel 99% dei casi è dovuta ad un errore casuale di divisione cellulare. L’analisi citogenetica del tessuto abortivo ha permesso di comprendere alcuni meccanismi biologici importanti nella riproduzione umana e dimostrare che esiste una selezione naturale in utero di embrioni portatori di un’anomalia cromosomica incompatibile non solo con la vita ma addirittura con il proseguimento della gravidanza oltre al primo trimestre. Lo studio degli aborti spontanei ci ha consentito inoltre di verificare che più aumenta l’età della donna, maggiori sono le probabilità di errori di divisione cellulare a livello gonadico e quindi di aborto spontaneo, come se questa macchina che è predisposta a fare dividere le nostre cellule per ottenere la cellula uovo da fecondare ‘arrugginisse’ con il tempo.
Un altro importante campo di applicazione della citogenetica è lo studio dei tumori, in particolare delle leucemie, dove può dare sia una risposta diagnostica che prognostica ed un indirizzo terapeutico.
Molto c’è ancora da fare nel campo della ricerca sui tumori solidi nel tentativo di identificare anomalie cromosomiche primarie tumore-specifiche da indagare poi con tecniche di biologia molecolare alla scoperta di geni responsabili dell’insorgenza del tumore”.

Di Laura Capardoni

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