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Tecnologia

Scorsetti: lotta ai tumori, il fronte della radioterapia

20/02/2007

Innovazione tecnologica e ricerca: ecco le parole chiave che meglio descrivono gli strumenti più efficaci a disposizione della radioterapia moderna. I grandi progressi compiuti dalla tecnologia negli ultimi anni, l’ausilio di computer sempre più intelligenti e potenti e la grande versatilità delle macchine hanno fatto sì che tutto il settore, pur senza grandi clamori, compisse passi in avanti paragonabili – e in certi casi superiori – a quelli delle nuove terapie farmacologiche mirate. In quest’ottica si inseriscono anche i due studi clinici in corso presso l’Istituto Clinico Humanitas, volti a sfruttare tutte le potenzialità delle nuove metodiche e, al tempo stesso, a convalidare nuove applicazioni che potrebbero modificare la radioterapia del futuro.
La dott.ssa Marta Scorsetti, responsabile dell’Unità Operativa di Radioterapia e Radiochirurgia, spiega in che cosa consistono i due trial.

“Il primo è uno studio di fase II che prevede l’arruolamento di 115 pazienti con carcinoma polmonare non operabile in stadio iniziale e il loro coinvolgimento in un protocollo di radioterapia in 4 dimensioni. La radioterapia in quattro dimensioni, detta anche Adaptive radiotherapy, permette al fascio di radiazioni di adattarsi al tumore tenendo presente i suoi movimenti nel tempo (fattore che costituisce appunto la quarta dimensione); oggi, infatti, non è più sufficiente considerare solo le tre dimensioni dello spazio, ma è necessario tenere conto anche del tempo, monitorando tutti i movimenti interni quali la respirazione o la peristalsi dell’intestino. Grazie a un sistema detto di organ motion control, cioè di controllo del movimento degli organi, il computer ricostruisce quello che avviene nell’organismo e traccia una curva dei movimenti; all’interno di essa il medico decide dove e quando intervenire, minimizzando così il rischio di colpire zone sane in un momento nel quale la respirazione o gli altri movimenti interni potrebbero rendere meno accessibile la massa da colpire. Tutto ciò fa sì che si riesca a irradiare solo il tumore e farlo con dosi più alte di raggi, e questo riduce la tossicità e aumenta l’efficacia del trattamento”.

Come avviene, più nel dettaglio, la radioterapia a quattro dimensioni?
“Lo strumento che rende possibile la radioterapia in quattro dimensioni è un particolare tipo di acceleratore che in Italia è presente solo presso Humanitas e che in Europa è attivo solo ad Arau, in Svizzera, e a Stoccolma, in Norvegia. Nello studio che stiamo conducendo i pazienti vengono trattati in ambulatorio per un numero limitato di sedute (da 1 a 4) e i dati preliminari indicano che la risposta è molto buona, attorno all’80 per cento dei casi. Il trial, condotto insieme agli Ospedali Sacco e San Carlo di Milano, è in corso di arruolamento, e se i risultati confermeranno i dati già ottenuti, la radioterapia in 4 D potrebbe diventare la cura di riferimento per questi malati”.

E il secondo protocollo?
“Il secondo protocollo attivo in Humanitas riguarda le metastasi epatiche date da diversi tipi di tumori. In questo trial, anch’esso di fase II, vogliamo verificare se con la radioterapia stereotassica corporea sia possibile ottenere risultati migliori di quelli oggi assicurati da altri approcci quali l’asportazione in radiofrequenza, l’embolizzazione (chimica o alcolica), la crioablazione. Le metastasi epatiche, infatti, sono date da molti tipi di tumori, ma spesso non sono operabili perché troppo numerose o poste in sedi particolarmente a rischio, le metodiche oggi in uso, pur dotate di una certa efficaca, sono piuttosto invasive. La radioterapia stereotassica corporea deriva da una tecnica nata per curare piccole lesioni all’interno del cranio attraverso una vera e propria forma di chirurgia radiologica; di recente è stata però utilizzata anche per lesioni tumorali localizzate in altre aree del corpo come quelle del polmone, del fegato, del pancreas e delle vie biliari. Il nostro studio prosegue la dottoressa prevede di arruolare 44 pazienti con metastasi epatiche (non più di tre e non di grandi dimensioni) e di somministrare loro diverse dosi di radioterapia, al fine di definire meglio i protocolli ottimali. Anche in questo caso, dati ottenuti da altri centri mostrano che il tasso di risposta si aggira attorno all’80-90 per cento dei casi. Oltre all’Istituto Humanitas, lo studio coinvolge altri 4 centri della Lombardia e l’Università degli Studi di Milano”.

A cura della Redazione

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