Conoscenza interiorizzata, immaginazione, ragionamento analogico e inferenza. Sono tanti e importanti i compiti che il nostro cervello compie durante la lettura. Processi intellettuali e affettivi di grande importanza che i nuovi strumenti tecnologici e le tecnologie digitali potrebbero depotenziare, secondo alcuni esperti, addirittura cancellare. Che effetti ha sul nostro cervello lo smartphone quando siamo immersi nella lettura? Ne abbiamo parlato con Marcella Mauro, psicologa e responsabile di neuropsicologia del Centro di neuropsicologia dell’apprendimento di Humanitas Medical Care di via Domodossola a Milano.
L’era digitale sta cambiando il nostro cervello?
Da un lato, com’è normale che sia, rispetto ad un passato analogico, il digitale ha costretto la nostra mente a diventare un contenitore dove le informazioni arrivano in numero sempre più grande. Dall’altro lato, dati e immagini hanno una vita molto più breve nel nostro cervello, trascinati dal flusso continuo e inarrestabile a cui il nuovo mondo digitale ci sottopone. Ma non è solo una questione di quantità: la lettura di testi attraverso uno schermo sta lentamente mutando il nostro approccio logico verso ciò che apprendiamo, nello stesso identico modo in cui la lettura ha cambiato ai tempi il nostro modo di approcciare la realtà. “Non erriamo come società quando innoviamo, ma quando ignoriamo ciò che interrompiamo o diminuiamo mentre innoviamo”, ha avvisato Sherry Turkle, ricercatrice del MIT. Ecco perché risulta importante chiederci se e in che modo la tecnologia sta cambiando il nostro modo di leggere.
La teoria della perdita della “lettura profonda”
Secondo alcuni studiosi, la lettura da digitale sta facendo perdere alla persone la capacità della cosiddetta lettura profonda. Ovvero l’attitudine a leggere con attenzione, entrando in profondità di quello che si fruisce. Secondo Mark Edmundson, studioso e insegnante di letteratura inglese, tutto ciò viene ogni giorno ampiamente dimostrato, dal fatto che le giovani generazioni abbiano smesso di leggere classici e romanzi del 19esimo e 20esimo secolo perché troppo lunghi e impegnativi. A Stavanger, in Norvegia, la psicologa Anne Mangen e i suoi colleghi hanno studiato come un gruppo di alunni possa recepire in maniera diversa lo stesso testo se letto con due supporti diversi. Il gruppo di Mangen ha proposto la lettura del romanzo Jenny, Mon Amour consegnando a metà classe il testo per Kindle, e all’altra metà l’edizione economica cartacea. I risultati hanno indicato che gli studenti che hanno letto su carta erano decisamente più preparati rispetto ai colleghi che hanno letto il romanzo sullo schermo, in particolare di molto superiore è stata la loro capacità di ricostruire i dettagli e la trama in ordine cronologico. Un’eccezione a queste conclusioni, è però rappresentata dai ragazzi affetti da distrurbi dell’apprendimento. Dislessici e disgrafici, per esempio, hanno tratto grande beneficio dall’utilizzo di tablet e device dotati di sintesi vocale: questi strumenti sono infatti in grado di fornire una “stampella” a chi ha problemi a mantenere l’attenzione e la concentrazione e possono essere un eccezionale supporto alla lettura.
Un problema transgenerazionale
Il problema della perdita di approfondimento dei testi letti su smartphone non riguarda solo i giovani. Negli adulti il problema può risultare ancora più grave quando, per mancanza di tempo e capacità per sviluppare un’analisi critica, le persone smettono di esercitare uno spirito realmente critico sulle notizie che leggono sui giornali. Il più delle volte questo porta gli individui a fidarci ciecamente di una testata senza informarsi ulteriormente o paragonare il modo in cui viene riportata una notizia con altre fonti.