Morbillo, nei primi 3 mesi del 2019 casi triplicati nel mondo

Triplicano i casi di morbillo registrati nel mondo nei primi tre mesi del 2019. È l’allarme lanciato dall’Unicef a fronte del dato di 110 mila malati, il 300% in più rispetto al primo trimestre 2018. Un dato preoccupante che richiama la necessità della vaccinazione, una pratica non sempre rispettata anche nei Paesi sviluppati, Stati Uniti d’America in testa. Ne parliamo con il dott. Michele Lagioia, Responsabile della Direzione Medico Sanitaria di Humanitas.

 

Morbillo: emergenza sanitaria

Lo scorso aprile il primo cittadino di New York Bill de Blasio ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria in tutta la città a causa dell’epidemia di morbillo diffusasi a Brooklyn e ordinato la vaccinazione obbligatoria nelle quattro aree più a rischio del quartiere, con multe fino a mille dollari per chi non si attiene. Soltanto una settimana prima si erano registrati 80 nuovi casi che avevano portato il totale in città a 465, record degli ultimi 20 anni. È un dato, questo, che è diretta conseguenza di un malcostume che vede gli Stati Uniti in cima alla classifica dei Paesi ad alto reddito per numero di bambini (2,5 milioni) che non hanno ricevuto la prima dose di vaccino contro il morbillo tra il 2010 e il 2017. Nella poco lusinghiera classifica gli USA sono seguiti da Francia e Regno Unito con oltre 600 mila e mezzo milione rispettivamente di bambini non vaccinati nello stesso periodo. Se su base mondiale, nel medesimo arco temporale, i dati Unicef parlano di oltre 21 milioni di bambini all’anno senza la prima dose di vaccino, l’ultimo dato disponibile relativo alla mortalità e riferito al 2017 registra circa 110mila morti di morbillo, per lo più bambini; il 22% in più rispetto al 2016.

Italia quinta per negligenza

La classifica per bambini non vaccinati (2010-2017) vede l’Italia al quinto posto con 435mila casi ed è stato dall’estate del 2017, grazie a uno specifico decreto legge, che le coperture vaccinali hanno preso a salire sia per il vaccino esavalente sia per il trivalente (morbillo-parotite-rosolia). In particolare per il secondo, in meno di un anno, la copertura ha raggiunto il 93%. La percentuale elevata non deve però indurre ad abbassare la guardia; infatti, per mantenere i casi di malattia prossimi allo zero la copertura deve essere altissima, pena il rischio di assistere al ritorno di patologie come il morbillo, appunto, che dovevano essere da tempo debellate. Risale, infatti, al 2003 l’approvazione in Italia del Piano Nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita in attuazione alle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale Sanità: lo scopo era di eradicare entrambe le malattie entro il 2015. Obiettivo fallito perché nei primi due mesi del 2017 sono stati segnalati 692 casi di morbillo, concentrati in Piemonte, Lombardia, Lazio e Toscana, pari a circa tutti casi segnalati nel 2016.

 

Soglia di sicurezza: 95%

I vaccini funzionano meglio quando le coperture sono elevate, perché alla base del successo delle vaccinazioni nel prevenire la diffusione delle malattie vi è il concetto di immunità di gregge. Con questo termine si intende il fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale considerato sufficiente all’interno della popolazione, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate. Essere circondati da individui vaccinati, e dunque non in grado di trasmettere la malattia, è determinante per arrestare la diffusione di una patologia infettiva. La soglia minima varia a seconda dell’infezione poiché i vari patogeni (virus e batteri in grado di scatenare la malattia) hanno differenti indici di contagiosità. In generale si considera il 95% quale quota minima per far sì che si verifichi questo fenomeno.

Dott. Michele Lagioia: