Molti comportamenti scorretti possono trasformare la cucina in un rifugio di batteri. Usare in maniera impropria gli strofinacci o picchiettare su tasti e schermo del cellulare mentre si “spadella” possono far salire il rischio di intossicazioni alimentari. A finire in cima alla lista nera degli utensili più contaminati sono proprio gli strofinacci, naturalmente se usati scorrettamente. A sostenerlo è una ricerca della Kansas State University, Stati Uniti, pubblicata sulla rivista Food Protection Trends. I ricercatori hanno osservato in videochat più di 120 persone durante la preparazione di un pasto: molti passavano indistintamente da cibi, forchette e coltelli ai dispositivi tecnologici.
L’obiettivo dei ricercatori ha registrato diverse pratiche censurabili: molti usavano strofinacci e carta assorbente non per asciugarsi le mani ma per altri scopi, altri per asciugarsele ma dopo averle lavate frettolosamente. Gli individui “spiati” dagli scienziati dovevano preparare un pasto con dell’insalata già pronta da mangiare e della carne cruda. Per tracciare le possibili contaminazioni crociate tra gli alimenti, nella carne era stato inoculato in precedenza il Lactobacillus Casei, un batterio innocuo presente ad esempio negli yogurt. Il 90% dell’insalata è stato contaminato da questo microorganismo: i ricercatori si son chiesti cosa sarebbe potuto succedere se il batterio fosse stato invece patogeno, come la Salmonella. Ancora, con il suo comportamento, l’82% circa dei partecipanti diventava veicolo di contaminazioni toccando il lavabo, il frigorifero e addirittura il porta rifiuti.
Per evitare che gli strofinacci divengano una spugna di batteri, gli scienziati dell’università americana specializzati in sicurezza alimentare consigliano di cambiare gli strofinacci ogni giorno e di usarne di diversi per diversi scopi. «Usare male gli strofinacci è sicuramente un comportamento a rischio perché ci si lava le mani detergendole opportunamente e poi le si asciuga su uno strofinaccio già adoperato su una superficie contaminata. Così si neutralizza l’effetto positivo del lavaggio. Ciò va evitato avendo a disposizione uno strofinaccio pulito e un altro per le diverse incombenze. Non c’è peggior vettore delle mani venute a contatto con un panno usato per pulire superfici contaminate». Così il dottor Michele Lagioia, direttore sanitario di Presidio dell’ospedale Humanitas.
Dai comportamenti scorretti il rischio di infezioni alimentari
Tra gli altri comportamenti a rischio, c’è anche il maneggiare distrattamente alimenti cotti e crudi. «La cottura è un fattore di protezione: cuocendo a lungo, in particolar modo a temperature elevate, si sterilizza per un breve periodo di tempo. Ma da lì a qualche ora – aggiunge – il cibo tende a riformare una normale flora batterica che può contenere anche germi nocivi per l’uomo. Per gli alimenti crudi vale sempre un’allerta molto forte sul fatto che frutta, verdura, ortaggi vanno consumati o senza buccia o comunque dopo un lavaggio accurato, meglio se con un blando detergente disinfettante per evitare di consumare cibo che contenga inquinanti provenienti dal terreno di coltivazione».
Quali sono i rischi a cui si va incontro? «Sono due i tipi di infezioni collegate con l’alimentazione – spiega l’esperto. In primo luogo le tossinfezioni alimentari: prodotte da batteri non nocivi di per sé, ma che producono delle tossine potenzialmente molto pericolose, addirittura mortali. Ad esempio il Clostridium del botulismo produce una tossina nelle conserve preparate in modo non adeguato che può portare a intossicazione neurologica letale. Infine le infezioni come il tifo, il colera o l’epatite A. Infezioni che vedono coinvolti patogeni che crescono nel cibo che consumiamo, ad esempio poco cotto o crudo, come i cibi di mare contaminati dal vibrione del colera», conclude il dottor Lagioia.