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Epatologia

Epatite C, ancora troppi i pazienti non trattati

10/12/2018

Per eradicare l’epatite C secondo gli esperti c’è ancora molta strada da fare. Il passo più importante sarebbe rintracciare tutti i pazienti che non sono sotto trattamento. L’identikit del paziente ‘sommerso’ descrive una persona fra i 50 e i 55 anni con un passato di trattamenti medici eseguiti o dei comportamenti a rischio occasionali. Ovviamente si tratta di individui che non si sono mai sottoposti ai test o magari che l’hanno fatto senza risultare positivi e non l’hanno più ripetuto. Ne abbiamo parlato con il dottor Roberto Ceriani, epatologo di Humanitas.

 

Sono 150 mila i pazienti trattati con nuove terapie

Secondo gli ultimi dati a disposizione di recente in Italia sono stati effettuati più di 150 mila trattamenti con le nuove terapie, ma ci sono almeno altrettante persone che sanno di avere il virus ma non si curano perché asintomatiche, più altre decine di migliaia che non sanno di essere positive.

Secondo gli esperti, tutti andrebbero trattati, sia per la propria salute individuale che per ridurre le possibilità di trasmissione. È particolarmente importante infatti curare chi ha altre patologie concomitanti, ad esempio i tumori, perché non avere l’epatite riduce gli effetti collaterali della chemio, oltre a evitare che si debbano interrompere le cure perchè si alzano le transaminasi. Servirebbe la collaborazione dei medici di base, oltre che in generale una maggiore informazione.

L’importanza del coinvolgimento dei medici di base

D’accordo sul coinvolgimento dei medici di base anche Massimo Galli, presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit): “Ci sono popolazioni, come i carcerati, che hanno un grande tasso di tossicodipendenti e di immigrati, i tossicodipendenti in senso stretto e gli uomini che hanno rapporti con altri uomini su cui bisogna fare educazione ed emersione – ha spiega Galli -, ma l’elemento chiave è raggiungere chi ha 50-55 anni e magari vive inconsapevolmente la malattia, o anche se sa di averla non sa si può curare con grande successo e con estrema ‘comodità’. Noi non facciamo ricerca proattiva come succede in altri paesi come Francia e Gran Bretagna, mentre le Regioni dovrebbero attivarsi e fare delle campagne di sensibilizzazione dirette ai medici di base”.

 

Il parere dell’epatologo

“A tutt’oggi sono poco più di 162.000 i pazienti avviati al trattamento con i nuovi farmaci antivirali DAAs (Direct Antiviral Agents) dal 2015, pertanto l’obiettivo di eradicare l’infezione da virus C, curando 80.000 pazienti l’anno nel triennio 2017-2019, non sembra raggiungibile – ha affermato il dottor Ceriani -. Dopo più di un anno e mezzo dalla scomparsa delle restrizioni e la possibilità, per tutti i pazienti infetti, di essere trattati, meno del 50% degli ammalati è stato sottoposto alle cure. Di fatto le Regioni non hanno un percorso assistenziale condiviso e il Fondo per i farmaci innovativi viene da loro solo parzialmente utilizzato. I pazienti da curare devono essere cercati nei serbatoi al di fuori dei nostri ambulatori autorizzati ma è necessario che le Regioni creino percorsi di eradicazione per la presa in carico e l’avvio al trattamento dei pazienti con infezione da virus C, anche coinvolgendo tutti soggetti e le strutture interessate per esempio: Medici di Medicina Generale, SERT, NOA, carceri o altro”.

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