La salute del fegato è fondamentale per il benessere dell’organismo. Questo organo ghiandolare infatti è collegato all’apparato digerente e contribuisce alla digestione degli alimenti, ma ha anche funzioni legate alla difesa dell’organismo e all’eliminazione delle sostanze nocive.
Fegato grasso è il modo con cui viene comunemente indicata la steatosi epatica non alcolica, una delle patologie del fegato più comuni: si stima che ne soffra oltre il 40% della popolazione. Chi ne è soggetto rischia che la steatosi evolva in patologie importanti, come la fibrosi epatica e la cirrosi.
Ne parliamo con il professor Alessio Aghemo, Responsabile dell’Unità Operativa di Epatologia in Humanitas e docente di Humanitas University.
Che cos’è la steatosi epatica?
La steatosi epatica è una patologia contraddistinta da un accumulo di grassi nelle cellule del fegato sotto forma di trigliceridi. Tra le sue cause ci sono il diabete, la sedentarietà e una dieta ipercalorica; tra i soggetti più a rischio troviamo quindi le persone in sovrappeso, chi conduce una vita troppo sedentaria e chi ha un indice di massa corporea superiore a 30.
Quali sono i sintomi della steatosi epatica?
Non sempre chi ne soffre ne è consapevole, perché la steatosi è quasi del tutto asintomatica. La steatosi non impedisce al fegato di svolgere le sue funzioni, ma può sfociare in fibrosi epatica, un’infiammazione del fegato che provoca delle lesioni, a loro volta causa della formazione di tessuto fibroso. Quest’ultimo interferisce con la corretta funzionalità del fegato e può portare allo sviluppo di cirrosi. In questo caso i sintomi manifestati, sono ascite, gambe gonfie, anemia, stanchezza, emorragie cutanee e ittero. La cirrosi è una malattia cronica e degenerativa, che può dare origine ai tumori del fegato.
Quali esami per la diagnosi di steatosi epatica?
La steatosi può essere sospettata tramite un esame obiettivo che prende in considerazione la circonferenza addominale del paziente. La steatosi inoltre si associa spesso alla sindrome metabolica, cioè concomitanza di almeno tre fattori tra obesità, diabete e pre-diabete, ipertensione ed eccesso di trigliceridi.
Non c’è ancora chiarezza sulle ragioni che possono far sfociare la steatosi in fibrosi: sicuramente esiste una componente genetica, ma anche l’alimentazione, e in particolare l’eccesso di carni rosse e insaccati, zuccheri industriali, grassi trans e polinsaturi.
Il fatto che questa patologia sia asintomatica fa sì che strumenti fondamentali per la prevenzione siano i controlli clinici: gli esami del sangue, che permettono di valutare il livello degli enzimi del fegato, e gli esami eseguiti tramite diagnostica per immagini. Oggi ci si può sottoporre anche al fibroscan, un esame apposito capace di riconoscere la presenza di fibrosi epatica. Infine la visita con lo specialista permette di mettere a fuoco la salute del fegato nel suo complesso.
La cura della steatosi epatica: il ruolo dello stile di vita
Per prevenire le patologie del fegato bisogna evitare una vita sedentaria, praticare attività fisica e seguire un’alimentazione corretta, composta da cereali integrali, proteine vegetali, pesci e carni bianche. È inoltre importante limitare il consumo di carni rosse, ed evitare quello di dolci e di alcolici. Seguire la dieta mediterranea si è dimostrato efficace per ottenere la perdita di peso e quindi la riduzione della quantità di steatosi.
Non esistono in commercio farmaci al momento che possano fermare il processo degenerativo della steatosi non alcolica in fibrosi epatica. L’intervento più importante che si può attuare è quindi quello sullo stile di vita, tramite un miglioramento dell’alimentazione, l’astensione dagli alcolici e l’integrazione di attività fisica nella vita quotidiana.
La Ricerca in Humanitas
La ricerca in Humanitas per la steatosi epatica segue due linee principali:
- Studi spontanei dedicati a indentificare il profilo dietetico/nutrizionale migliore.
- Studi farmacologici per identificare farmaci in grado di ridurre la steatosi, l’infiammazione e la fibrosi nel fegato.
All’interno dell’Unità Operativa di Epatologia è stato sperimentato il primo farmaco dimostrato efficace contro la steatosi, l’acido obeticolico, di cui attendiamo la commercializzazione nei prossimi 2 anni.
Sono inoltre disponibili numerosi studi clinici che studiano l’efficacia e la sicurezza di farmaci in Fase II e III di sviluppo (Tropifexor, Licogliflozin, anticorpi monocolonali contro il recettore FGFR1c/KLB, agonisti di GLP-1 e GCG). Questi studi sono opzioni interessanti per quei pazienti che hanno già sviluppato fibrosi, in cui le modifiche dello stile di vita possono essere non sufficienti, e in cui agire direttamente sull’infiammazione del fegato si può tradurre in benefici per il paziente stesso.