Circa l’80 per cento dei rimedi vegetali usati nella medicina popolare tra il XIX e il XX secolo ha al suo interno componenti in grado di contrastare i meccanismi alla base del mal di testa. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo e dell’Istituto di scienze neurologiche del Cnr che hanno analizzato le proprietà terapeutiche delle principali sostanze estratte dalle piante e usate per contrastare la cefalea. Sulla base delle attuali conoscenze farmacologiche è risultato che 40% delle piante tradizionalmente usate come rimedi al mal di testa era in uso già da circa 2000 anni. Ne parliamo con il dottor Vincenzo Tullo, specialista neurologo e responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee di Humanitas
La ricerca pubblicata sul Journal of Ethnopharmacology
La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Ethnopharmacology e, come ha spiegato l’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Isafom-Cnr), evidenzia come la maggioranza delle piante utilizzate nel passato ha in sé metaboliti secondari (composti organici che non hanno una funzione diretta sulla crescita e lo sviluppo delle piante) con azione anti-infiammatoria e analgesica e comunque in grado di contrastare i meccanismi ritenuti alla base delle principali forme di cefalee. “Componenti organici quali flavonoidi, terpenoidi, fenilpropanoidi sembrano poter bloccare, in vivo, i mediatori chimici coinvolti nell’insorgenza delle cefalee – ha spiegato Giuseppe Tagarelli, dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo -. Ad esempio, i diterpeni estratti dal girasole, dal sambuco e dall’artemisia agiscono sulle cavie come i FANS, i farmaci antinfiammatori non steroidei che solitamente si assumono contro le cefalee, oltre che per ridurre lo stato infiammatorio in patologie articolari, reumatologiche e muscolo-scheletriche. Questi metaboliti secondari sono infatti in grado di bloccare la produzione degli enzimi che favoriscono la biosintesi delle prostaglandine, mediatori dell’infiammazione”.
Un patrimonio di conoscenze empiriche fra passato e presente
Lo studio ha rivelato anche che circa il 42% delle piante utilizzate dalla medicina popolare italiana per la cura della cefalea era già in uso nel periodo tra il V secolo a.C. e il II d.C. A testimoniarlo sarebbero infatti testi di Ippocrate, Plinio il Vecchio, Dioscoride, Galeno e Sereno Sammonico.
Il ricercatore Youyou Tu, premio Nobel per la Medicina nel 2015, ha ‘riscoperto’ l’artemisina, estratta dall’Artemisia annua, pianta storicamente usata dalla medicina tradizionale cinese per la cura della malaria e oggi considerata la molecola più efficace per guarire da tale parassitosi.
Nella cura delle cefalee, passato e presente sembrano dunque intrecciarsi con interessanti prospettive sulle quali nuove ricerche potranno portare alla luce nuovi capitoli.
Un aiuto dal magnesio
“Nei soggetti affetti da cefalea (come l’emicrania e la cefalea tensiva) la supplementazione di alcune sostanze naturali classificate come “integratori” è utile per ridurre la frequenza e l’intensità delle crisi cefalalgiche – ha commentato il dottor Tullo -. La supplementazione di magnesio è utile in particolare nell’emicrania mestruale e nell’infanzia. L’assunzione di questo minerale può estrinsecarsi nutrendosi con alimenti come cacao, frutta secca oleosa, pesce, legumi, verdure a foglia verde, cereali integrali. Altre sostanze utili per le cefalee sono: i propoli, la curcuma, lo zenzero, il ginseng, il ginkgo biloba, il partenio, la cannella e il kudzu. È sempre opportuno comunque che prima ci sia una visita medica specialistica per inquadrare il tipo di cefalea di cui si soffre e poi iniziare l’integrazione con queste sostanze”.