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Epatologia

Epatite B e C, tra possibili fattori di rischio anche i trattamenti estetici

12/01/2018

Negli ultimi trent’anni in Italia l’incidenza delle forme maggiori di epatite virale è in calo. In particolare è andato riducendosi il numero di contagi di epatite C e B. Questo però non deve autorizzare alcun calo di attenzione nei confronti della prevenzione di patologie virali pericolose che possono causare anche cirrosi epatica e tumori del fegato. Non bisogna dimenticarsi che dietro operazioni come quelle effettuabili nei centri di bellezza o da chi fa piercing e tatuaggi potrebbe nascondersi il rischio di un contagio. Nel 2017 in un caso su tre di quelli dichiarati di epatite C c’è stata proprio l’esposizione a uno di questi trattamenti. Ne parliamo con il dottor Roberto Ceriani, Responsabile Day Hospital epatologico ed Epatologia interventistica di Humanitas.

I numeri

A diffondere i dati sui contagi di epatite in Italia è stato l’Istituto superiore di Sanità. I dati sono quelli del Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute. Dal 1985 è stata rilevata una tendenza al ribasso per tutte le forme di epatite. Il calo maggiore è stato osservato per le epatiti C e B. Per le due malattie l’incidenza superiore a dieci casi ogni centomila abitanti alla fine degli anni ’80 è scesa sotto il singolo caso/centomila abitanti rispettivamente dal 2000 e dal 2010. Oggi l’incidenza è addirittura inferiore: 0,1 e 0,5 ogni centomila abitanti.

In questi decenni ci sono state diverse epidemie di epatite. Quella più rilevante di epatite A si è verificata nel 1997 in Puglia e Campania, con un’incidenza che ha raggiunto la quota di diciannove casi/centomila, associata al consumo di frutti di mare. Più di recente due epidemie: una associata al consumo di frutti di bosco congelati e una fra gli uomini che hanno rapporti omosessuali. Quest’ultima è relativa al biennio 2016-2017 con il 2017 che ha visto un incremento rispetto all’anno precedente: l’Italia è il Paese più colpito tra quelli interessati da un’epidemia diffusa a livello europeo. In linea con il resto d’Europa, invece, è l’incidenza dell’epatite E, un tempo considerata un’infezione rara oggi invece sempre più diffusa: dal 2009 a oggi si è registrato un aumento dei casi da 15 a 38.

Epatite B e C

La fascia d’età fra 35 e 54 anni, in prevalenza uomini, è quella più colpita nel 2017 dalle epatiti B e C. I casi rilevati dagli esperti dell’istituto sanitario sono stati 178 e 22 per le due patologie. Alcuni fattori di rischio sono comuni ma con un peso diverso: i rapporti sessuali occasionali non protetti, ad esempio, restano un elemento di rischio per oltre il 30% nell’epatite C e per il 28% nella B.

Dall’analisi dei fattori di rischio dell’epatite C emerge come la maggior parte delle infezioni da HCV segnalate è tuttora attribuibile alla tossicodipendenza ma gli altri fattori non sono assolutamente trascurabili. Il 34% dei contagi si è sottoposto a un trattamento di bellezza quale manicure, pedicure, rasatura dal barbiere o è si è fatto incidere un tatuaggio o forare la pelle per un piercing. L’esposizione a questi trattamenti è “considerevole” anche per l’incidenza dell’epatite B.

«Negli Stati Uniti – spiega il dottor Ceriani – gli studi caso-controllo non hanno dimostrato un’associazione tra l’infezione da virus C e le pratiche mediche come l’agopuntura, tatuaggi, piercing, trattamenti di bellezza o rasatura dal barbiere. È chiaro che però è possibile la trasmissione se si utilizzano tecniche inadeguate sul controllo delle infezioni», sottolinea lo specialista. «In relazione ai dati diffusi in Italia dall’Istituto Superiore di Sanità – continua – occorre un maggiore controllo nelle strutture commerciali e comunque indicare la vaccinazione per epatite A e B  agli operatori».

Queste sono dunque le azioni per la prevenzione: «Le vaccinazioni per epatite A e B sono sicure e rappresentano lo strumento di prevenzione più efficace per queste malattie. A oggi non esiste un vaccino per l’epatite C ma esistono trattamenti efficaci per questa malattia», risponde il dottor Ceriani.

«La vaccinazione per epatite A e B è indicata inoltre in tutti i pazienti diabetici (sia con diabete di tipo 1 che 2). Le persone affette da questa patologia hanno tassi più elevati di epatite B e altre infezioni virali soprattutto quando condividono con altri pazienti apparecchiature come misuratori di glicemia, dispositivi per prelievi su polpastrelli o altri strumenti», conclude l’esperto.

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