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Trombosi venosa profonda, attenzione a sedentarietà e diabete

20/02/2017

Gonfiore

Braccia o gambe diventano più “pesanti”: «Il soggetto colpito accusa un senso di pesantezza in genere associato anche a un aumento di volume. Le gambe sono più esposte al rischio per via della stasi del sangue che tende ad accumularsi alle estremità per effetto della forza di gravità durante la posizione eretta».

Le gambe possono gonfiarsi, ad esempio, dopo un lungo viaggio aereo. È la cosiddetta sindrome della classe economica da non confondersi però con il semplice “edema”, ovvero un gonfiore di caviglie o polpacci «dovuto alla stasi e non un segno di trombosi venosa profonda. Per scongiurare il rischio di edema come semplice gonfiore degli arti così come quello di trombosi venosa profonda si possono indossare calze elastiche, fare esercizi con i piedi e le caviglie anche da seduti e alzarsi di tanto in tanto», suggerisce l’esperto.

 

Dolore

Il dolore è il sintomo che più spesso si presta a fraintendimento «perché somiglia a un crampo, a un dolore articolare o muscolare attribuito a un possibile trauma non noto. Il dolore può essere lieve o molto intenso, raramente insopportabile».

 

Arrossamento

Possiamo riconoscere la trombosi venosa profonda anche da una variazione del colore della pelle che si può «può arrossare, talora diventare di un colorito scuro-brunastro, in associazione a una sensazione di intenso calore», aggiunge il dottor Lodigiani. «I sintomi possono comparire contemporaneamente o meno. Se non si riconoscono la situazione può peggiorare nell’arco di ore o di giorni, un periodo sufficiente per far sì che la trombosi venosa profonda possa evolvere e avere come esito un’embolia polmonare. In caso di sintomi è fondamentale andare in Pronto Soccorso, in modo da confermare il sospetto clinico e poter impostare al più presto una terapia che è “salva vita”».

L’embolia polmonare

Quali sono invece i segni dell’embolia polmonare? «I suoi sintomi più frequenti sono un dolore trafittivo, descritto come una pugnalata al torace; un’alterazione del respiro, avvertita come una improvvisa “fame d’aria”; una tosse secca o con catarro misto a sangue e, infine, il cardiopalmo, si avverte cioè il “cuore che batte nel petto” con accelerazione del battito cardiaco. L’embolia polmonare può portare anche a sincope, perdita di conoscenza e persino essere un evento mortale. Tuttavia è bene ricordare che l’embolia polmonare può essere senza sintomi, un fenomeno non così raro, soprattutto nel paziente con altre patologie e sintomi».

 

Ulcere e sindrome post-flebitica

Oltre all’embolia polmonare, la trombosi venosa profonda può evolvere in sindrome post-flebitica, il cui segno più grave è la formazione di ulcere venose cutanee: «Le vene interessate dal trombo si dilatano, il sangue non riesce a risalire verso l’addome e ristagna in periferia. Così esercita una pressione verso l’esterno e le cellule della pelle vanno in sofferenza ischemica. Si avverte un forte dolore e compare l’ulcerazione. È un evento estremamente invalidante che ha più probabilità di manifestarsi quanto più tardivamente si interviene per il trattamento della trombosi venosa profonda e che può essere in parte contrastato con l’uso corretto e costanze di calze elastiche specifiche».

 

I fattori di rischio

Cosa favorisce la formazione dei trombi? «Il trombo può formarsi secondariamente ad altre patologie, come un tumore o un’infezione, o dopo che un individuo è stato sottoposto a intervento chirurgico. Dopo l’operazione, infatti, la circolazione sanguigna si “riattiva” e se prevale lo stimolo alla coagulazione per fermare l’emorragia può sorgere un trombo. Pertanto è bene sottoporre i pazienti più a rischio a una profilassi tromboembolica attraverso farmaci in grado di ripristinare un equilibrio, come ad esempio gli anticoagulanti».

«Oltre alla familiarità e alla presenza di difetti genetici della coagulazione (trombofilia), tra i restanti fattori di rischio ci sono l’assunzione di farmaci che alterano in senso pro-trombotico l’equilibrio del sistema della coagulazione, ad esempio la “pillola” o la terapia ormonale sostitutiva. Aumentano le probabilità di insorgenza di trombosi anche la gravidanza, l’obesità, l’insufficienza venosa in presenza di vene varicose, la sedentarietà, il diabete o una grave dislipidemia», conclude il dottor Lodigiani.

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