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Cuore, quando l’essere donna è un fattore di rischio

12/10/2016

In cardiologia le differenze di genere contano. L’infarto del miocardio, ad esempio, causa più decessi tra le donne che tra gli uomini. Il rischio di ictus ischemico è maggiore tre volte e mezzo nelle donne con fibrillazione atriale rispetto alla popolazione generale (negli uomini ‘solo’ 1,8 volte maggiore). E sempre in caso di questa forma di aritmia molte meno donne vengono sottoposte ad ablazione, un trattamento risolutivo della fibrillazione.

Queste e altre disparità sono figlie esclusivamente di diverse anatomie tra maschi e femmine o risentono anche di convenzioni socio-culturali che portano a seguire pratiche consolidate di trattamento diverse fra i due sessi? Sicuramente pesano entrambe ma con il riconoscimento di problematiche specifiche, e quindi con le giuste procedure, queste differenze possono essere molto attenuate garantendo così anche alle donne un esito favorevole nei trattamenti endovascolari delle malattie cardiache. Di questi aspetti si occupa il manuale “Percutaneous Treatment of Cardiovascular Diseases in Women” (edizioni Springer) redatto da tre cardiologhe tra cui la dottoressa Patrizia Presbitero dell’Unità operativa di Cardiologia clinica e interventistica dell’ospedale Humanitas.

(Per approfondire leggi qui: Donne, meno rischi per il cuore con l’attività fisica)

Il libro è una guida dettagliata alla cardiologia interventistica applicata alle donne. La specificità è dovuta al fatto che le differenze di genere influenzano diagnosi e trattamento: «Grazie a questo libro – spiega la dottoressa Presbitero – la classe medica potrà essere indirizzata verso la scelta di procedure più appropriate per le malattie cardiache che colpiscono le pazienti donne».

«Il manuale – continua – affronta tanto gli aspetti legati all’apparato “idraulico” del cuore, quindi la circolazione e le patologie correlate, quanto quelli legati all’apparato “elettrico”, essendo il cuore una macchina interessata anche da impulsi, ritmo e motore». Qualche esempio? Cominciamo dall’infarto.

Infarto del miocardio

«Questa malattia ha a una prognosi peggiore nelle donne per diversi motivi. Pesa certamente il ritardo nell’arrivo in ospedale e nel reparto di cardiologia interventistica; un ritardo dovuto a varie ragioni, a cominciare dalla manifestazione dell’infarto con sintomi atipici, presenti a volte anche nell’uomo ma in misura minore, come malessere generale, sudorazione fredda, fastidio che si irradia alla mandibola, calo della pressione».

«Ancora, dal momento che le donne sono colpite da infarto più spesso in età avanzata, dopo i 70 anni, possono soffrire anche di patologie confondenti come quelle reumatiche. Infine contano anche differenze anatomiche: le donne hanno vasi più fragili spesso molto calcifici che tendono a rompersi più facilmente. Tuttavia, se il trattamento è tempestivo e si usano strumenti idonei come stent più sottili e flessibili, la riapertura tempestiva della coronaria occlusa che sta provocando l’infarto può essere raggiunta e si può garantire a distanza una sopravvivenza addirittura maggiore che negli uomini».

(Per approfondire leggi qui: Donne e cuore, la diagnosi è più difficile)

Stenosi aortica

Un altro esempio è quello della stenosi aortica severa, sintomatica, una patologia trattata con l’inserimento di una nuova valvola attraverso un catetere. «Nelle prime applicazioni di questa tecnica interventistica – ricorda la specialista – le donne presentavano maggiori problemi per l’inserimento della valvola, vuoi perché i vasi sono più fragili, vuoi perché i depositi di calcio nelle arterie sono maggiori e ostacolano il procedere del grosso catetere che contiene la valvola lungo i vasi arteriosi fino al cuore. Oggi si è riusciti a superare questi problemi usando per esempio valvole più piccole e soprattutto introduttori molto più piccoli e più flessibili e riuscendo quasi ad annullare le differenze tra i risultati del trattamento nei due sessi. Anche in questo caso la prognosi a distanza è migliore tra le donne rispetto agli uomini».

Fibrillazione atriale

Infine la fibrillazione atriale, dove l’essere donna è un fattore di rischio indipendente sia per rischio trombotico sia per rischio di sanguinamento: «Per valutare il rischio tromboembolico nelle persone con questa forma di aritmia, uno dei 5 punti dello “score” di rischio è proprio il sesso femminile. Nelle donne, inoltre, il rischio permane anche in trattamento con anticoagulanti, per questo è importante che anche le pazienti vengano indirizzate all’ablazione, sebbene questo trattamento sia più difficoltoso. In un recente studio pubblicato su International Journal of Cardiology è emerso che solo il 21% delle pazienti con fibrillazione atriale riceve l’ablazione. Ma se trattate adeguatamente i tassi di buona riuscita dell’intervento si avvicinano di molto a quelli degli uomini: 76% rispetto a 81%», conclude la dottoressa Presbitero.

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