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Cuore, con poca vitamina D la salute cardiovascolare è a rischio

04/08/2015

Cuore in pericolo con poca vitamina D. Nelle persone che presentano una carenza di questa vitamina il rischio di infarto e insufficienza cardiaca acuta è maggiore, ma non solo. Poca vitamina D è associata anche a un’evoluzione più sfavorevole della patologia nelle persone colpite da infarto.

Sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Medicine da un team di ricercatori del Centro cardiologico Monzino. I dati presi in esame riguardano 814 pazienti colpiti da infarto. Da questi dati è emerso come 8 persone su 10 presentassero una carenza parziale o totale di vitamina D. Questo deficit si traduce in un maggior rischio di complicanze cliniche da sindrome coronarica acuta e di mortalità a un anno di distanza dal ricovero.

Che rapporto tra vitamina D e salute cardiovascolare?

La vitamina D si è guadagnata l’attenzione della comunità scientifica in relazione alla salute cardiovascolare. Uno studio del 2007 sulla rivista Circulation ha dimostrato come il deficit di vitamina D fosse associato all’incidenza di malattie cardiovascolari. In particolare gli individui deficitari avevano il 62% di maggior incidenza di eventi cardiovascolari avversi come infarto, insufficienza coronarica e scompenso cardiaco.

Diversi studi hanno cercato di approfondire l’associazione tra deficit di vitamina D e alcuni fattori di rischio di malattie cardiovascolari come ad esempio l’ipertensione. Nella ricerca in esame, tuttavia, c’è un altro fattore da non sottovalutare, ovvero l’età dei pazienti. Le persone con la maggior carenza di vitamina D sono proprio quelle più anziane.

Vitamina D importante per metabolismo del calcio

I risultati di questo studio hanno una significativa plausibilità biologica. Dal momento che la vitamina D è coinvolta nel metabolismo del calcio, può favorire la riparazione dei tessuti e limitare le infiammazioni – aggiunge la specialista – in caso di infarto, se c’è deficit di vitamina D, la riparazione tissutale e lo stato generale di infiammazione tendono ad avere un’evoluzione peggiore.

Resta tuttavia da chiarire il ruolo della vitamina D, se sia una possibile causa d’infarto o semplicemente un marcatore di aumentato rischio individuale. Infine, ulteriori approfondimenti sono necessari per valutare l’eventuale integrazione di vitamina D nel trattamento dell’infarto. Se il paziente colpito da infarto integrando vitamina D dovesse migliorare, allora l’associazione tra carenza di vitamina D e salute cardiovascolare diventerebbe rilevante sulla base di un rapporto causa/effetto.

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