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Cuore, stent coronarico: quale soluzione in caso di nuovo restringimento?

21/09/2015

Lo stent coronarico è un piccolissimo cilindretto a maglie metalliche che viene impiantato nelle coronarie per riaprirle quando sono otturate da placche aterosclerotiche. Tuttavia, all’interno dello stent, dopo l’impianto, può verificarsi un nuovo restringimento, detto restenosi che può causare un ritorno dei sintomi. In questo caso i pazienti si devono sottoporre a un nuovo intervento di angioplastica. Tuttavia tra i vari strumenti disponibili per trattare la restenosi non è chiaro quale sia il migliore. A questa domanda ha risposto un team internazionale di ricercatori tra i quali il dottor Giulio Stefanini, specialista dell’Unità Operativa di Emodinamica e Cardiologia Interventistica dell’ospedale Humanitas. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet.

«Tra tutte le soluzioni in uso nella pratica clinica – spiega il dottor Stefanini – i nostri risultati mostrano che la migliore è l’impianto di un nuovo stent medicato di ultima generazione. Le probabilità che si verifichi una ripetizione della restenosi è molto bassa, di gran lunga inferiore agli stent medicati di prima generazione e alle altre soluzioni disponibili, come gli stent metallici non medicati, l’angioplastica con palloncino, la brachiterapia o la rotablazione».

«Un’altra buona soluzione – prosegue – si è dimostrata quella dei palloncini medicati con rilascio di farmaco che, seppur meno efficace rispetto agli stent medicati di ultima generazione, ha il vantaggio di non dover impiantare un nuovo stent dentro al precedente».

In quali casi si ricorre agli stent coronarici?

«In caso di malattia coronarica, con restringimenti delle arterie coronarie, ad esempio in caso di infarto o nei pazienti con angina pectoris. Al mondo ogni anno vengono impiantati più di 2 milioni di stent, più di mille nell’ospedale Humanitas. Di questi una percentuale compresa tra il 5 e 10% andrà incontro a un nuovo restringimento nell’arco di 2-3 anni. La causa del nuovo restringimento, detto restenosi, è l’eccessiva formazione di tessuto cicatriziale nello stent che va a formare una nuova occlusione», spiega ancora il dottor Stefanini.

Questa ricerca ha preso in esame i vari tipi di trattamento di restenosi esaminando i dati di quasi 6mila pazienti. Qual è la pratica più diffusa per il trattamento della restenosi al giorno d’oggi? «Le linee guida internazionali sono controverse su questo punto. I trattamenti disponibili sono diversi, dalla dilatazione dello stent con un palloncino alla terapia con piccole dosi di radiazioni all’uso di palloncini che rilasciano farmaci all’interno di un nuovo stent. Con questo lavoro diamo delle informazioni importanti per la pratica clinica quotidiana, indicando quale tra questi trattamenti è quello più efficace», conclude il dottor Stefanini.

 

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