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L’ipnosi al posto dell’anestesia in sala operatoria?

29/12/2015

L’ipnosi può sostituire l’anestesia? Pochi mesi fa oltre 70 pazienti dell’nell’Istituto Curie di Parigi hanno scelto questa tecnica prima di sottoporsi alla rimozione di un tumore al seno.

In Italia il pioniere del ricorso all’ipnsosi in ambito chirurgico è stato il professor Enrico Facco, docente di Anestesia e rianimazione dell’università di Padova. Per il dottor Facco l’ipnosi può essere utile in sala operatoria ma non può sostituire completamente l’anestesia: questa fa leva sulle capacità soggettive del paziente, non dipende dunque dalla bravura di chi la induce. In generale, fra il 30 e il 40% dei pazienti riesce a entrare in uno stato ipnotico che permette un intervento o ad esempio l’estrazione di un dente.

«La fattibilità è dimostrata, l’applicabilità fa emergere qualche limite: non tutti i pazienti possono essere ipnotizzati e forse non tutti i professionisti possono ipnotizzare», spiega la dottoressa Roberta Monzani, responsabile di Anestesia e Day Hospital chirurgico dell’ospedale Humanitas.

«L’ipnosi è sicuramente una tecnica complementare che nell’approccio olistico al paziente trova una sua collocazione. Non dimentichiamo che in ambito infermieristico la tecnica “distrattiva” per ridurre il dolore e/o l’ansia della procedura dell’incannulamento venoso è ormai consolidata. La riproducibilità ai fini scientifici può essere difficoltosa così come la misurazione dei risultati, ma sicuramente l’ipnosi è una tecnica che dovrebbe far parte del bagaglio culturale dei professionisti come altre medicine complementari».

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«Il professor Facco nel 2013 ha ipnotizzato una paziente per consentire l’asportazione di un tumore cutaneo. Il professore descrive di averle suggerito di immaginarsi uno stato di benessere e conseguentemente visualizzare l’area chirurgica. É stato un intervento di mininvasività, interessava strutture superficiali (non arrivando alla fascia muscolare): sicuramente la sensibilità cutanea, la prima ad essere coinvolta, è stata ben controllata».

Quali sono gli aspetti importanti pensando all’ipnosi come tecnica sedativa?

«Fondamentale il grado di empatia tra terapeuta e paziente. Giustamente – prosegue – il professore afferma che tutti possono produrre uno stato ipnotico, ma credo che il vincolo sia proprio quello di avere dei professionisti del settore che, conoscendo bene la materia chirurgica e anestesiologica, possono creare le migliori condizioni per la realizzazione di un risultato eccellente».

«Da non sottovalutare la motivazione del paziente, anche se ormai è dimostrato che queste tecniche complementari, come ad esempio l’agopuntura, non hanno un effetto placebo bensì un meccanismo d’azione ben preciso. Il buon esito quindi non dipende dalla maggiore o minore predisposizione del paziente nei confronti della terapia complementare».

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«Da considerare anche la preparazione del paziente, quindi testare la sua capacità di lasciarsi ipnotizzare: tutto questo deve avvenire in un tempo congruo che precede di un intervallo di giorni sufficiente l’intervento. Per concludere, il tempo perioperatorio di preparazione e test del paziente per affinare la tecnica complementare può richiedere più incontri per consentire di non avere sorprese al momento dell’intervento chirurgico», conclude l’esperta.

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