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Il “codice” di una nazione: mappato l'intero genoma dell'Islanda

27/03/2015

Gli islandesi non hanno più segreti. Un gruppo di ricercatori ha mappato l’intero genoma della nazione; i risultati sono stati pubblicati online su Nature Genetics. Lo studio è stato condotto dai ricercatori della compagnia biofarmaceutica deCODE Genetics, impegnata da anni nell’analisi del genoma umano. Questi dati saranno utili per la ricerca sulle malattie rare, per scandagliare le basi genetiche di alcune patologie complesse e per comprendere meglio l’evoluzione umana. Insomma, una dote di informazioni utili per la diagnosi e il trattamento di queste patologie.

Gli scienziati hanno sequenziato il genoma di 2.636 islandesi e hanno raccolto i dati sul complesso dei caratteri ereditari di oltre 100mila connazionali. Il DNA è stato combinato con gli alberi genealogici e le informazioni del sistema sanitario nazionale. In questo modo si è riusciti a coprire un terzo dell’intera popolazione: l’Islanda, infatti, conta poco più di 318mila anime. In poche parole, i ricercatori hanno dedotto, con sostanziale accuratezza, il genoma dell’intera nazione.

«L’Islanda per centinaia di anni è rimasta isolata dal resto del mondo, la sua popolazione è piuttosto omogenea e nel Paese sono disponibili le informazioni anagrafiche per ricostruire la genealogia. I ricercatori hanno sfruttato questo vantaggio per sequenziare il genoma», sottolinea il dottor Paolo Vezzoni, ricercatore del Cnr e direttore del Laboratorio di Biotecnologie mediche di Humanitas. «L’aspetto innovativo del lavoro – prosegue – risiede nella mole di dati che gli scienziati hanno prodotto utilizzando le più moderne tecniche di sequenziamento».

 

Oltre 20 milioni di variazioni genetiche

Sono state identificate oltre venti milioni di variazioni genetiche, alcune delle quali collegate a diverse patologie, dal morbo di Alzheimer alle patologie cardiache alla fibrillazione atriale, un tipo di aritmia cardiaca. «Sono state analizzate le varianti genetiche rilevanti per alcune malattie complesse, ovvero per quelle malattie in cui non c’è un legame diretto tra mutazione genetica e patologia: i pazienti che presentano questa variazione hanno cioè più probabilità ma non la certezza di sviluppare la malattia», spiega lo specialista.

Parte della ricerca si è concentrata sui cosiddetti “geni knockout”, ovvero quei geni che hanno completamente perso la loro funzionalità in alcuni soggetti: ne sono stati individuati 1.171 in oltre 8.000 individui. «Si è scoperto che sugli oltre 21mila geni umani non tutti sono indispensabili. Se si rileva la presenza di questi geni in pazienti sani, si può escludere che questa variazione sia la causa di una determinata malattia», aggiunge il dottor Vezzoni.

In Italia sarebbe possibile un’operazione simile? «L’Islanda ha poco più di 300mila abitanti che si suppone siano tutti derivati da circa venti fondatori. Chiaramente in Italia una situazione analoga non c’è. Tuttavia studi di questo tipo si possono anche fare su popolazioni miste, ma i risultati sono meno semplici da analizzare. Da noi chi più si avvicina a una situazione del genere sono i sardi e in effetti vi sono studi analoghi fatti dal gruppo di Francesco Cucca», risponde lo specialista. «L’utilità è sempre la stessa: trovare varianti genetiche che predispongono a malattie complesse (aterosclerosi, osteoporosi, neurodegenerazioni, ecc). Un domani si potrà dire a una persona “lei è predisposto all’obesità, mangi di meno e si muova di più”. Ma anche “’lei è predisposto all’Alzheimer”, anche se non possiamo farci niente. In questo secondo caso, cosa servirebbe conoscere la propria predisposizione genetica?», conclude.

 

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