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Tutti i segreti della coronarografia

26/04/2005

La coronarografia è l’angiografia delle arterie coronarie, ossia un esame con il quale è possibile visualizzare tali vasi, mettendone in risalto le eventuali ostruzioni attraverso l’immissione di un mezzo di contrasto. Si tratta di un’indagine che deve essere effettuata in regime di ricovero, e che non ha solo una capacità diagnostica, ma può aprire la strada, nella stessa seduta, a una procedura interventistica: in caso di ostruzione di un’arteria si può infatti direttamente eseguire la sua disostruzione. Ne parliamo con la dott.ssa Patrizia Presbitero, cardiologa e responsabile dell’Unità Operativa di Emodinamica di Humanitas.

Che cos’è
“La coronarografia – spiega la dott.ssa Presbitero – consiste nella visualizzazione delle coronarie, i vasi arteriosi che avvolgono a corona il cuore e che portano il sangue al muscolo cardiaco. Il loro restringimento provoca dolori al petto e la loro occlusione porta all’infarto.
L’angiografia è un procedimento che può essere effettuato, oltre che nelle coronarie, anche in varie altre arterie: nella carotide (carotidografia), nelle arterie renali (angiografia renale), nei vasi delle gambe (angiografia degli arti inferiori). Si procede posizionando un catetere all’origine dell’arteria. Nel caso delle coronarie si effettua un’anestesia locale nel punto di entrata del catetere nell’arteria. Il catetere viene introdotto dall’arteria femorale oppure da quella radiale (polso) o dalla brachiale (gomito). La sede di introduzione più comune è quella femorale, perché è grande e il catetere può passare attraverso un sistema di dilatazione, senza bisogno di isolare l’arteria e quindi di tagliare la cute. Si risale poi fino al cuore e si posiziona il catetere all’imbocco della coronaria, si inietta nel catetere il mezzo di contrasto, così da opacizzare completamente il decorso dell’arteria stessa e permettere la visualizzazione delle eventuali ostruzioni. La visualizzazione della procedura viene seguita su uno schermo.
Una volta tolto il catetere bisogna operare una compressione sull’arteria femorale per fermare il sangue, permettere il formarsi di un coagulo che chiude il piccolo foro di ingresso utilizzando una benda elastica. Non sono necessari punti.
La coronarografia non necessita di alcuna preparazione specifica, se non il digiuno, e viene effettuata in regime di ricovero (il paziente viene dimesso nel giro di 24 ore). Il mezzo di contrasto potrebbe provocare dei fenomeni allergici, ma la percentuale di queste reazioni è molto bassa.
Bisogna fare attenzione a limitare la quantità di contrasto che si usa nei pazienti con insufficienza renale, perché essendo il contrasto eliminato dai reni, l’insufficienza renale potrebbe peggiorare”.

Campi di applicazione
La coronarografia è utile in tutti i casi in cui sia importante valutare lo stato delle coronarie, in seguito a problemi cardiaci. E’ utile anche come esame di controllo se vi sono sintomi cardiaci dopo un by-pass o un intervento di posizionamento di stent. Se si sospettano problemi alle coronarie la coronarografia è l’esame più appropriato, perché consente di visualizzarle direttamente. Esistono altre indagini indirette, non invasive, quali il test da sforzo e la scintigrafia, che possono indagare lo stato delle coronarie, ma che sono però gravati da falsi positivi e falsi negativi piuttosto frequenti, in una percentuale variabile tra il 20 e il 40%.

Dalla coronarografia all’angioplastica
Nel corso della coronarografia è possibile intervenire per cercare di riaprire un vaso coronario ostruito attraverso un intervento di angioplastica. L’intervento di by-pass, che consiste nello scavalcare il tratto di coronaria ostruito con arterie e vene prese da altre parti del corpo, è un intervento chirurgico importante che richiede, oltre all’anestesia, l’apertura dello sterno e della gabbia toracica per arrivare al cuore e la circolazione extra-corporea per operare con il cuore fermo.
Negli interventi di angioplastica, che non richiedono né anestesia né chirurgia, si opera attraverso una sonda “a palloncino” e il posizionamento di uno stent, un tubicino rigido, di maglie metalliche, della misura di pochi millimetri di diametro, che viene posizionato all’interno del vaso e funge da sostegno per la coronaria che tende a richiudersi. I nuovi stent medicati, a rilascio graduale di farmaci, diminuiscono fortemente la possibilità di riocclusione del vaso, evenienza che si può presentare in seguito alla cosiddetta proliferazione neointimale, cioè la crescita di tessuto infiammatorio all’interno dello stent.

A cura di Elena Villa

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