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Tommasini: i “miracoli” dell’effetto placebo

10/01/2006

E’ un argomento di cui si è sempre discusso molto ed è tornato alla ribalta di recente in occasione della ricerca scientifica sull’omeopatia in cui si afferma che anche questo metodo di cura si basa sull’effetto placebo. Il placebo, in pratica, è una ‘medicina’ inerte e, quindi, a priori non efficace nella cura. In alcuni casi, però, in soggetti che assumono terapie ‘placebo’ si assiste al miglioramento della malattia. E’ solo suggestione? Come può una sostanza inerte funzionare? Ne parliamo con il dott. Maurizio Tommasini, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Generale e Epatologia di Humanitas.

Innanzitutto, che cos’è un placebo?
“Placebo è un termine che deriva dal latino e significa ‘piacerò’. In passato, infatti, veniva considerata una medicina senza effetto, inutile, che veniva somministrata più per far piacere al malato che per ottenere un effettivo risultato. Oggi, invece, possiamo considerare il placebo come una sostanza inerte somministrata ad una persona in assenza di una cura efficace, allo scopo di soddisfare il desiderio di questa persona di ricevere un trattamento per la cura della sua malattia. La sola aspettativa di un miglioramento provocato dal placebo è in grado a volte di far scomparire o di ridurre i sintomi della malattia”.

Come funziona? E’ solo suggestione?
“Uno studio pubblicato di recente ha messo in evidenza come l’effetto placebo provocato dalla sostanza assunta, quindi il desiderio di guarire grazie alla cura da cui ci si aspetta un miglioramento, metta in moto dei meccanismi biologici: in particolare innesca la liberazione di alcune citochine, sostanze endogene prodotte dal cervello in grado di ridurre, per esempio, l’intensità del dolore. Non è solo suggestione, dunque, anche se è il risultato di una reazione psico-fisiologica. La condizione essenziale per ottenere un miglioramento è che la persona sia convinta che il medicinale sia efficace. Proprio per questa sua componente psicologica, il placebo viene utilizzato nelle malattie in cui il fattore emotivo è molto forte come gli stati ansiosi o depressivi”.

Viene usato anche nelle sperimentazioni?
“Il placebo viene utilizzato nella sperimentazione di nuovi farmaci per verificarne l’efficacia. In pratica, ad un gruppo di persone viene somministrato il nuovo farmaco e ad un altro il placebo. In questo caso, però, né lo sperimentatore né le persone,sanno chi ha assunto un placebo e chi il farmaco”.

Esiste anche l’effetto ‘nocebo’?
“Certamente sì, anzi è più frequente dell’effetto placebo. Se una persona è convinta di non guarire, le cure mediche possono effettivamente non dare i risultati sperati anche se si usano farmaci realmente efficaci. In questo caso la suggestione in negativo gioca brutti scherzi. Altri casi di effetto nocebo sono quelli in cui le persone leggono sul foglietto illustrativo gli effetti collaterali di un farmaco che stanno assumendo e, guarda caso, questi sembrano prontamente materializzarsi. In tutti questi episodi, il medico deve cercare di andare incontro alla persona, modificando la cura se necessario”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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