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Prevenzione

Prevenzione sentinella del cuore

07/09/2004

Ancora una volta, le parole d’ordine emerse con più forza all’ultimo congresso europeo di cardiologia appena svoltosi a Monaco di Baviera sono prevenzione e riduzione del rischio, a tutti i livelli.
Sono infatti diversi anni che la comunità scientifica insiste su questo punto, ma ora i risultati di alcuni importanti studi definiscono meglio, anche numericamente, lo spazio ancora esistente per migliorare – e di molto – gli indici di mortalità e di incidenza delle malattie cardiovascolari. Così accade, per esempio, per quanto riguarda il diabete, una condizione strettamente connessa con l’obesità e con le malattie cardiovascolari. Uno studio condotto dai cardiologi di Glasgow, in Scozia, su ben 43.500 persone prese in considerazione per l’inclusione in un grande trial sull’efficacia di un farmaco per il cuore, ha messo in luce che una su cinque aveva un diabete di tipo 2 non diagnosticato, e una su quattro mostrava i segni dell’intolleranza al glucosio, condizione che in genere precede il diabete. Il controllo della glicemia sarebbe cioè fuori dei limiti in una percentuale ben più alta del previsto. “Tra le conseguenze del diabete” spiega Edoardo Gronda, cardiologo, “vi sono anche complicazioni in ambito cardiovascolare, ictus, infarti. Per questo è molto importante prevenire e in ogni caso tenere sotto controllo il diabete, troppo spesso trascurato fino a quando non è troppo tardi”.
La prevenzione, ricorda il cardiologo, passa per uno stile di vita corretto, ma quanto le buone abitudini possano davvero influenzare la probabilità di andare incontro a un infarto è un fattore che finora era stato sottostimato. “Si riteneva infatti che circa la metà delle malattie cardiovascolari fosse attribuibile allo stile di vita e quindi evitabile” riferisce Gronda “ma un grande studio, condotto in 52 paesi per un totale di quasi 30.000 soggetti analizzati, ha mostrato che è possibile prevedere addirittura nove infarti su dieci in base a nove fattori di rischio noti tra i quali il fumo, il sovrappeso, l’alimentazione scorretta e povera di frutta e vedura, l’alto tasso di colesterolo nel sangue, la vita sedentaria. Da soli, lo squilibrio tra i grassi nel sangue e il fumo di sigaretta sono responsabili dei due terzi dei casi di infarto. In particolare, i fumatori hanno un rischio che è triplo rispetto ai non fumatori, mentre questi ultimi, se hanno una dieta sana (arricchita da un moderato consumo di vino) e conducono una vita attiva, possono vedere crollare le proprie probabilità di infarto anche dell’80 per cento. Ciò significa, tra l’altro, che le campagne di salute pubblica possono avere più efficacia del previsto”.
Ma la prevenzione passa anche attraverso un corretto impiego dei farmaci, e anche su questo punto a Monaco sono emerse alcune interessanti novità. Innanzitutto le statine, i farmaci che abbassano il livello di colesterolo cosiddetto cattivo nel sangue: è stato dimostrato che un loro impiego tempestivo, subito dopo un primo episodio di infarto, riduce in maniera significativa il rischio di un secondo evento. C’è poi un rinnovato interesse per farmaci usati da molti anni, i calcio antagonisti. “Questo è dovuto al fatto che il controllo della pressione e, in particolar modo, di quella sistolica – che secondo gli ultimi studi deve essere abbassata se supera il valore di 135 millimetri di mercurio – ha un’importanza cruciale, superiore, ancora una volta, a quanto ritenuto in passato” chiarisce Gronda. Giudizio sospeso, infine, sulle tanto osannate cellule staminali. Sebbene siano in corso molte sperimentazioni cliniche, è ancora presto per poter pensare ad applicazioni cliniche in ambito cardiovascolare.

Settembre 2004 – A cura della Redazione

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