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Prevenzione

L’epidemia silenziosa

02/10/2007

Colpisce nel mondo milioni di persone e determina fragilità scheletrica, con facilità a incorrere in fratture per traumi lievi o addirittura in modo spontaneo. L’osteoporosi affligge soprattutto le donne: si calcola che una donna su tre dopo la menopausa soffra di questa patologia. Gli uomini non ne sono esenti, ma ne vengono colpiti in misura minore: uno su cinque dopo i 50 anni. Inizia un dossier dedicato a questa epidemia silenziosa, chiamata così perché molto spesso si arriva alla diagnosi solo in seguito a fratture. Iniziamo a vedere che cos’è l’osteoporosi, quali sono le cause e quali rischi comporta con gli specialisti di Humanitas.

Le ossa diventano fragili
L’osteoporosi è una malattia osteo-metabolica caratterizzata da una fragilità dell’osso e da una conseguente predisposizione alle fratture. L’osteoporosi non va confusa con l’osteomalacia, una malattia metabolica caratterizzata da una massa ossea di volume normale ma da un ridotto contenuto minerale a causa di un difetto mineralizzazione delle ossa; questa patologia è causata da una ridotta disponibilità o da un alterato metabolismo della vitamina D e nell’infanzia assume il nome di rachitismo.
L’osteoporosi non causa dolori e non ha altri sintomi, tanto che viene chiamata malattia silenziosa in quanto si arriva alla diagnosi spesso solo in seguito a fratture che devono fare sospettare la presenza di osteoporosi, soprattutto nel caso di fratture minime, le cosiddette fratture da stress o da fragilità, cioè fratture causate da traumi così piccoli che in persone con ossa normali non provocherebbero alcuna conseguenza (ad esempio un colpo di tosse può provocare fratture alle costole in persone che soffrono di osteoporosi).

Una classificazione
L’osteoporosi primaria viene distinta in osteoporosi di Tipo 1 o postmenopausale, che colpisce le donne in età della menopausa, e osteoporosi di Tipo 2 o senile, che colpisce uomini e donne sopra i 70 anni a causa della fisiologica riduzione della massa ossea. L’osso, come qualsiasi altro tessuto del nostro corpo, tende a invecchiare per cui, con il passare degli anni, si assiste a una riduzione naturale della massa ossea. Questo processo avviene perché, a partire circa dai 40 anni d’età, l’osso tende a impoverirsi, andando incontro a una lenta, progressiva e inesorabile riduzione della sua massa.
Esiste poi un’osteoporosi secondaria, causata dall’assunzione di medicinali o dalla presenza di malattie. Grande colpevole in questo caso è il cortisone: è ormai dimostrato il rapido aumento del rischio di fratture in pazienti trattati con steroidi. Ci sono poi malattie che impediscono il corretto assorbimento del calcio, ad esempio malattie intestinali quali il morbo di Crohn e la celiachia, e che quindi predispongono il paziente all’insorgere dell’osteoporosi. Molto meno frequenti sono le forme di osteoporosi giovanile idiopatica, di cui ancora non si conoscono le cause.

Alcuni fattori di rischio
I principali fattori di rischio dell’osteoporosi sono:

– Il calo di estrogeni indotto dalla menopausa. Il metabolismo dell’osso è influenzato moltissimo dagli estrogeni, gli ormoni dell’ovaio, che calano drasticamente con la menopausa. Questa carenza rende l’osso più fragile e sottopone la donna al rischio di osteoporosi, tenuto anche conto che il patrimonio scheletrico acquisito alla maturità dalla donna è inferiore rispetto all’uomo. In particolare, la menopausa precoce, insorta prima dei 45 anni d’età, aumenta il rischio di osteoporosi.
– L’ereditarietà (ad esempio madre con grave osteoporosi).
– Basso peso corporeo.
– Fumo.
– Basso apporto di calcio e vitamina D.
– Malattie gastrointestinali che provocano un malassorbimento del calcio, come la celiachia.
– Malattie endocrine, come l’ipertiroidismo, e reumatiche, ad esempio l’artrite reumatoide.
– Farmaci antiepilettici, anticoagulanti, antitumorali e, soprattutto, i cortisonici (è stato ampiamente dimostrato il rapido aumento del rischio di fratture in pazienti trattati con steroidi).
– Immobilità propria delle persone costrette a letto per lunghi periodi di tempo.

Tutti questi fattori di rischio possono sommarsi tra loro e aumentare quindi il rischio di ammalarsi di osteoporosi.

La carenza di vitamina D
Una carenza di vitamina D, sostanza che favorisce l’assorbimento del calcio contenuto negli alimenti, costituisce un importante fattore di rischio per la comparsa dell’osteoporosi. Senza vitamina D il calcio presente negli alimenti non viene assorbito e viene eliminato tutto con le feci. Quando l’apporto di calcio è scarso o manca la vitamina D, l’organismo mantiene nella norma i livelli di calcio nel sangue, ma preleva questa sostanza dal tessuto osseo, provocandone l’impoverimento. La conseguenza immediata è la comparsa o l’aggravamento dell’osteoporosi o dell’osteomalacia. In numerosi studi è stata dimostrata una relazione tra deficit anche lievi di vitamina D e rischio di frattura. Buoni livelli di vitamina D nel sangue possono essere mantenuti con un’adeguata esposizione alla luce solare. La sintesi cutanea di vitamina D è infatti indotta con l’esposizione alla luce ultravioletta. Un’ora al giorno di esposizione alla luce solare nei mesi estivi garantisce una buona riserva anche per i mesi invernali, quando la luce solare è attenuata.

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