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Gelo siberiano e casa “calda”, ma non troppo

07/02/2012

Temperature rigide e fuori controllo, ghiaccio, gelo, in una parola: freddo. Molto freddo. Un clima che ci ha colto impreparati e verso cui non siamo attrezzati. Gli effetti, in termini di impatto sulla salute pubblica, sono rilevanti e, al di là della mortalità da ipotermia della quale sentiamo parlare nei notiziari, quella “generale” in quest’ultima settimana è quasi raddoppiata perché il freddo riacutizza diverse patologie, da quelle cardiache come l’infarto a quelle cerebrovascolari come l’ictus, giusto per fare due esempi. E mentre sappiamo che per affrontare l’esterno in linea di massima dobbiamo coprirci bene, sottovalutiamo come comportarci all’interno, nelle nostre abitazioni. La rigidità delle temperature esterne, infatti, incide anche sul clima e sulla sensazione di benessere termico all’interno delle nostre case. E alzare il riscaldamento non è sempre l’idea migliore. Quali sono allora i consigli da seguire? Ne parliamo con Michele Lagioia, Direttore Medico di Presidio di Humanitas e Specialista in Igiene e Medicina Preventiva.

Dottor Lagioia, dobbiamo alzare le temperature nelle nostre abitazioni?
“Dipende. Partiamo da un presupposto, e cioè che la struttura delle nostre case non è preparata per temperature così rigide per cui non riusciamo a tenere isotermici gli ambienti. Il problema, quindi, non è solo come mantenere la temperatura interna, ma la percezione del benessere termico in base alla conduzione del calore nelle pareti. In pratica, le pareti sono più fredde e il calore si disperde più facilmente, è un fenomeno fisico. Per fare un esempio, una persona al centro della stanza starà bene mentre una persona vicino a una parete, magari esposta al Nord, sentirà più freddo a parità di temperatura interna. Molto, inoltre, dipende anche dallo spessore, dall’isolamento, eccetera. Diciamo, comunque, che per il Nord Italia, che risente maggiormente del freddo, il consiglio è quello di vestirsi di più in casa. Se si dovesse alzare la temperatura a 20-22 gradi centigradi contro i 18 di partenza, infatti, non si raggiungerebbe comunque il benessere termico in prossimità di una parete fredda. Per il Centro e Sud Italia, invece, dove si raggiungono i meno tre, meno quattro gradi, si può pensare di aumentare un pochino il calore perché si tratta di temperature che si affrontano meglio con le nostre tipologie costruttive (chiaramente i margini sono circoscritti alle ordinanze comunali che, comunque, con questa emergenza freddo sono state sbloccate in linea generale). Attenzione, inoltre, ai bambini, che si muovono molto, quindi coprirli e scoprirli anche in casa a seconda del moto, e agli anziani, che sentono meno il freddo (così come il caldo) per cui quando lo percepiscono sono già a un livello ipotermico più critico e devono rimanere sempre un pò più vestiti”.

E’ importante umidificare?

“E’ fondamentale, soprattutto in presenza di bambini con patologie respiratorie delle prime vie aeree (naso, orecchio, gola) e per gli anziani con broncopneumopatia cronico ostruttiva. L’aria non cambiata e riscaldata, infatti, tende a seccarsi. Si tratta di arieggiare (ma diventa costoso) o umidificare. Vanno benissimo le vaschette ripiene di acqua da applicare ai termosifoni così come gli umidificatori più sofisticati”.

E se dall’esterno si va all’interno e viceversa?
“Se si viene dall’esterno, quindi dal gelo al caldo, ci si può spogliare rapidamente anche se si ha ancora la sensazione di freddo. Si deve evitare qualsiasi ulteriore stress per l’organismo. Se, invece, si va dal caldo al freddo, si può iniziare a coprirsi un po’ prima di uscire in modo che poi il calore venga disperso nell’ambiente mantenendo la percezione del caldo un pochino più a lungo. E, mi raccomando, il calore si disperde con estrema facilità dalle estremità, quindi coprire bene mani, piedi e testa. Non è necessario attrezzarsi con un abbigliamento tecnico, è sufficiente mettere due paia di guanti, di calze (o di collant per le donne) e quant’altro. E vestirsi a strati per coprirsi e scoprirsi facilmente a seconda della necessità”.

Possiamo imparare qualcosa dai Paesi nordici?
“Direi poco. E’ tutta questione di abitudine. L’adattamento è determinato da una varietà di fattori, anche ormonali e cerebrali. Un conto, quindi, è quello cui si devono abituare i lapponi, per esempio, nella lunga e intensa stagione fredda. Un altro è quello verso giornate o periodi brevi di gelo quando si viene da una temperatura mite, come nel nostro caso. Risulta difficile, l’adattamento è un processo lungo e non siamo una macchina”.

 
A cura di Lucrezia Zaccaria

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