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Benessere

Scarpe “a dondolo”? Per il movimento è come avere i tacchi a spillo

03/11/2015

Le scarpe “a dondolo” sono un particolare tipo di calzatura con la suola curva. Chi le indossa sarebbe costretto a cercare ogni volta l’equilibrio grazie al lavoro muscolare di gambe e tronco. Possono essere usate sia per l’attività fisica che per il normale cammino di tutti i giorni. Ma sono davvero un alleato per la postura e per prevenire, o alleviare, il mal di schiena? L’abbiamo chiesto al professor Antonio Pedotti, ordinario di Tecnologie biomediche del Politecnico di Milano.

Prima di valutare l’impatto delle scarpe “a dondolo” sul movimento, ci spiega come funziona la locomozione umana?

«E’ il risultato di un complesso controllo globale dell’intero corpo effettuato dal sistema nervoso centrale sulla base di programmi frutto in parte del processo evolutivo e in parte dell’apprendimento individuale», risponde il professore.

«I comandi nervosi risultanti sono inviati attraverso i nervi periferici a tutti i muscoli degli arti e del tronco che si contraggono in modo sinergico con l’obiettivo di ottimizzare il movimento in termini di mantenimento dell’equilibrio dinamico, accuratezza e stabilità nell’interazione con il suolo e l’ambiente, minimizzazione dell’energia, riduzione e distribuzione ottima dei carichi sulle varie articolazioni incluso il complesso sistema “colonna vertebrale”».

«Per questo, se si analizza il cammino normale in piano anche a velocità sostenuta con indagini EMG e modelli computazionali, si scopre che nel loro complesso i muscoli sono attivati per brevi intervalli e con livelli di contrazione (e quindi dei carichi) minimi. Ovvero, grazie a questo raffinato coordinamento che come sempre in biologia riguarda l’insieme struttura-funzione, la macchina uomo è efficiente, consuma poco e si “logora” il meno possibile».

Qual è allora l’effetto delle scarpe “a dondolo”?

«In questo quadro le scarpe “a dondolo” costituiscono una perturbazione che impatta significativamente sul movimento costringendo chi le indossa a modificare il proprio pattern locomotorio e, in funzione della forma e della rigidità della suola, ad allontanarsi da quell’ottimo che è proprio del cammino naturale», sostiene il professor Pedotti. Che continua: «Una perturbazione dello stesso tipo, anche se diversa negli obiettivi e nei risultati, è causata dai tacchi a spillo più o meno vertiginosi, certamente non consigliabili per ottimizzare il cammino o prevenire patologie osteoarticolari. Fra l’altro non sembra che l’estetica del cammino guadagni molto dalle scarpe “a dondolo”».

(Per approfondire leggi qui: Tacchi alti, è vero che fanno male alla salute?)

Le scarpe “a dondolo” assecondano o alterano la naturale spinta del piede?

«Il piede, grazie alla sua specifica struttura, svolge attivamente una funzione biomeccanica molto importante durante l’appoggio sia in fase di accettazione del carico che durante la spinta. Anche se non sono stati ancora effettuati studi sufficientemente rigorosi sull’effetto delle scarpe “a dondolo”, non vi è dubbio che queste calzature irrigidiscono sostanzialmente il piede e inducono un trasferimento innaturale del carico dal tallone al metatarso alterando profondamente le funzioni del piede stesso. E ciò si riflette sui vari segmenti corporei e in particolare sulla colonna vertebrale».

Una ricerca di due università spagnole pubblicata su The European Journal of Physician Rehabilitation and Medicine ha visto nelle scarpe “a dondolo” uno strumento per tonificare le fasce muscolari del tronco e del tratto lombare.

(Per approfondire leggi qui: Mal di schiena, scarpe “a dondolo”? Meglio quelle da corsa)

L’impatto delle scarpe “a dondolo” sul benessere dei tessuti va valutato con cautela 

«In chi le indossa – spiega il professore – è stato misurato un aumento del range of motion nel tratto lombare della colonna vertebrale e un aumento del livello di contrazione dei muscoli retto addominale e soprattutto (circa del 50%) degli erettori spinali. Ciò non sorprende perché rientra negli effetti prodotti dalla perturbazione di cui si parlava sopra. Non potendo controllare l’equilibrio dinamico modulando la distribuzione del carico sul piede come avviene in condizioni naturali, i soggetti sono costretti a provvedervi con un movimento compensatorio del tronco nel piano sagittale».

«I ricercatori nelle loro conclusioni affermano (con molta cautela per la verità) che ciò “potrebbe avere potenziali implicazioni nel promuovere il benessere dei tessuti spinali”. Nulla si può escludere, ma è lecito avere alcune perplessità soprattutto considerando che l’iperattività degli erettori spinali causa sovraccarichi sui legamenti e dischi intervertebrali a livello lombare che nello studio non sono stati considerati e sono usualmente ritenuti fra i fattori di maggior rischio per il mal di schiena. Va anche detto che gli effetti biomeccanici indotti da queste calzature possono variare molto da soggetto a soggetto in funzione dell’età, del peso, del sesso, delle caratteristiche antropometriche, dell’attitudine all’esercizio etc. Pertanto la cautela è d’obbligo».

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