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Benessere

Se il posto di lavoro è inquinato. Dal rumore

04/09/2007

Stampanti che vanno in continuazione, telefoni che squillano, sottofondo di clacson o motori legati al traffico stradale: tutto questo � un esempio del rumore che può esserci in un ufficio. Nelle fabbriche, poi, o nei cantieri, il rumore è costante e fa parte della tipologia di lavoro. E’ bene sapere, però, che se si è esposti a lungo e continuamente a forti rumori, sia per motivi professionali, sia per divertimento (in discoteca, per esempio) con il tempo si finisce con il danneggiare l’udito. Ma non solo, anche stress, perdita del sonno, aumento della pressione sanguigna, vertigini, oltre a classico mal di testa, sono alcuni dei sintomi legati ad una esposizione eccessiva a forti rumori. Ma qual è la soglia entro cui non si rischia la salute? E cosa si può fare nel caso in cui l’ambiente di lavoro sia ‘inquinato’ per l’udito? Per l’ultima parte del dossier “Lavorare in salute” ne abbiamo parlato con il dott. Stefano Miceli, specialista dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria di Humanitas, guidata dal dott. Arturo Poletti.

Innanzitutto, perché il troppo rumore danneggia l’udito?
“L’ipoacusia da rumore è legata all’effetto lesivo che suoni e rumori di elevata intensità hanno sull’epitelio neuro-sensoriale dell’organo del Corti, situato nella coclea (orecchio interno), dove avviene la trasformazione del suono in impulsi nervosi che vengono inviati alle aree uditive dell’encefalo. Si possono distinguere due varietà di ipoacusie da rumore. La prima, chiamata “ipoacusia da trauma acustico”, spesso monolaterale, è connessa a rumori brevi ed intensi (per esempio, esplosioni, esposizione a musica amplificata ad elevato volume) e si manifesta come una sensazione di stordimento o di ovattamento auricolare, con acufeni di alta tonalità. A seconda del livello di pressione sonora e della durata dell’esposizione questi sintomi possono regredire nel giro di qualche ora o essere irreversibili. Nel primo caso, nell’orecchio si verifica una temporanea riduzione della sensibilità che si traduce in un transitorio innalzamento della soglia uditiva (detta TTS: Temporary Threshold Shift) legata ad un esaurimento metabolico delle cellule uditive. L’entità di questo esaurimento e del conseguente TTS e il tempo di recupero metabolico dipendono sia dal livello di pressione sonora del rumore che dal tempo di esposizione.

La seconda evenienza, invece, si realizza quando l’energia acustica induce una lesione organica dell�epitelio neurosensoriale della coclea. Il secondo tipo di danno acustico da rumore, oggigiorno più diffuso e socialmente più importante, è chiamato “ipoacusia da trauma acustico cronico” ed è legata, invece, ad una esposizione al rumore prolungata nel tempo. Si realizza nell’arco di anni in seguito all’esposizione per molte ore al giorno a rumore ad alta intensità. Questo tipo di sordità è, per lo più, bilaterale e simmetrica e sembrerebbe legata all’insorgenza nel tempo di fenomeni degenerativi irreversibili a carico delle cellule cigliate esterne, presenti nella coclea, dovuti all’azione di vortici dei liquidi dell’orecchio interno che causano la frammentazione e la successiva scomparsa delle ciglia vibratili. La sintomatologia all’inizio è caratterizzata da acufeni, per lo più di alta tonalità, e con il passare degli anni compare una difficoltà a percepire i rumori più acuti (per esempio, ticchettio dell’orologio, campanelli), infine si manifesta la difficoltà a distinguere la voce di conversazione, specie in ambienti rumorosi o in condizioni di ascolto multiplo”.

Qual è la soglia di tolleranza?
“Nell’ambiente il rumore viene misurato con uno strumento chiamato fonometro. La sensibilità ai rumori varia da persona a persona, ma esiste una soglia di tolleranza valida per tutti, superata la quale i rischi per l’udito sono maggiori. Questa soglia di rischio è stata individuata intorno agli 80 decibel, ma l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda di stare al di sotto dei 65 di giorno e dei 55 di notte”.

Chi è più a rischio?
“Esistono diversi fattori in grado di influire sull’andamento dell’ipoacusia da trauma acustico: la frequenza del rumore che è causa del danno (i rumori compresi tra 2 e 3 KHz sono i più dannosi), la sua intensità, il tempo di esposizione, ma, soprattutto, la suscettibilità individuale. Le donne, per esempio, sembrano essere più resistenti all’azione lesiva del rumore, ma non è noto se questo dipenda da fattori di tipo ormonale o soltanto dalla minore continuità di esposizione e della minore incidenza di fattori concomitanti ed aggravanti quali fumo ed alcol. Nell’industria, una meccanizzazione maggiore si traduce con un aumento dei livelli sonori. Certe professioni comportano un rischio particolare di perdita uditiva, come lo sfruttamento delle miniere, la costruzione di tunnel, il lavoro nelle cave (detonazioni, trivellazioni), l’industria pesante (fonderie, fucinatura, eccetera), la guida di macchinari mossi da motori potenti (camion, veicoli di cantiere, eccetera), la guida di macchine nell’industria tessile e la prova di motori a reazione”.

Cosa si può fare?
“I danni uditivi da rumore sono irreversibili e non trattabili, quindi la prevenzione riveste un’importanza fondamentale. Questa può attuarsi riducendo la rumorosità della fonte o modificando opportunamente l’ambiente in cui il rumore si diffonde o proteggendo l’individuo che lo percepisce. La protezione individuale può consistere nel ridurre l’esposizione al rumore della persona o nell’adottare i cosiddetti protettori acustici (per esempio, inserti auricolari, cuffie), che permettono un’attenuazione del rumore da 10 a 40 decibel. Questi mezzi devono essere obbligatoriamente utilizzati quando l’esposizione personale supera i 90 decibel. La suscettibilità individuale al danno acustico da rumore risulta di primaria importanza per la comparsa e l’evoluzione di un’ipoacusia da rumore. Attualmente nessun test è in grado di identificare le persone a rischio, per cui il modo migliore per individuare chi è particolarmente suscettibile al danno da rumore è quello di effettuare controlli audiometrici ravvicinati nelle persone esposte, in modo da scoprire i primi segnali di un possibile trauma acustico cronico ed attuare tutti i mezzi di prevenzione”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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