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Calcio e calcetto: come non farsi male?

11/07/2014

I Mondiali di calcio del Brasile saranno ricordati anche per i tanti calciatori che si sono infortunati prima e durante lo svolgimento del torneo. Il portiere della Nazionale, Gigi Buffon, è stato l’ultimo di una serie che ha avuto le sue vittime più illustri nell’attaccante francese Franck Ribery e in quello colombiano Radamel Falcao.

«Più si gioca e più ci si fa male – spiega il dottor Fabrizio Tencone, medico sportivo del Gruppo Isokinetic e coordinatore dell’area medica della Juventus –: lo conferma uno studio della Uefa, l’Unione delle Federazioni di calcio europeee, che attribuisce ai calciatori 4/5 infortuni ogni mille ore di allenamento e 15/20 infortuni ogni mille ore di partita».

Una larga fetta degli atleti oggi in Brasile è reduce da una stagione agonistica cominciata lo scorso settembre e fatta di oltre 50 partite giocate: «Il rischio di infortunio è maggiore proprio per via dei tantissimi minuti di partita fin qui disputati», conferma il professor Flavio Quaglia, dal 1996 ortopedico della Juventus e specialista in Ortopedia e Traumatologia nonché in Fisiokinesiterapia ortopedica del Centro Sports della Clinica Fornaca di Torino.

 

Un progetto dell’UEFA per proteggere i caciatori dagli infortuni

Proprio l’Uefa ha avviato nel 2001 il progetto “Uefa Elite Club Injury Study” che, in stretta collaborazione con la Medicina dello sport, mira a proteggere i calciatori dagli infortuni attraverso studi regolarmente pubblicati sul “British Journal of Sports Medicine”. «Punire i calciatori che entravano col gomito alto sull’avversario è stata, ad esempio, la conseguenza di uno studio che dimostrava la pericolosità di questo tipo di intervento», precisa il dottor Tencone.

Oltre all’usura c’è un altro potenziale fattore di rischio per chi gioca a pallone: «Il calcio di oggi è sempre più veloce e fisico, una combinazione che favorisce impatti violenti al momento dello scontro. Tuttavia – aggiunge il professor Quaglia – non è sempre il contrasto a provocare l’infortunio: in quasi l’80 per cento dei casi la rottura del legamento crociato anteriore fa seguito a un cambio di direzione improvviso o a un atterraggio successivo a uno stacco per colpire di testa». Succede ai campioni ma anche e soprattutto a chi il calcio lo gioca per passione: «I primi calpestano campi perfetti e sono allenati al meglio – chiude il professor Quaglia –, gli altri non sono altrettanto preparati e corrono e saltano su terreni di gioco che non sono proprio dei biliardi. Per loro, il rischio di farsi male è molto più elevato».

 

 

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