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Le radiazioni che aiutano il cuore

05/12/2011

La medicina nucleare ha un’importanza sempre maggiore nella diagnostica delle patologie coronariche, grazie a strumenti come la scintigrafia miocardica di perfusione.

In Italia, secondo i dati Istat, più di un milione di persone all’anno è colpita da infarto o da angina pectoris e questo è un numero che, in ragione del sensibile aumento dell’aspettativa di vita, è destinato a crescere. Per fortuna, negli ultimi anni si è assistito ad un lieve declino dei tassi di mortalità per coronaropatia, principalmente per merito di una migliore prevenzione, diagnosi e gestione della patologia. Componente importante di questo progresso è il miglioramento di efficaci strumenti diagnostici come la scintigrafia miocardica di per fusione (SMP), che consente ai medici di vedere con che efficacia il sangue raggiunge il cuore attraverso le arterie coronarie, e valutare i rischi che il singolo paziente corre in maniera molto specifica. L’Associazione Europea di Medicina Nucleare (EANM) ha recentemente ribadito i benefici che la scintigrafia miocardica di perfusione ha portato nella diagnosi tempestiva e nelle indicazioni di cura, minimizzando i rischi sulla potenziale cancerogenicità delle sostanze radioattive utilizzate come traccianti. Ne parliamo con la dott.ssa Barbara Nardi, specialista di Cardiologia nucleare in Humanitas.

Dott.ssa Nardi, quali sono i vantaggi di una scintigrafia miocardica di perfusione?
“La scintigrafia miocardica di perfusione è un metodo che mantiene una grande importanza nella diagnosi e nel follow up della coronaropatia. A fronte di un rischio relativamente poco significante (si parla di esporsi ad una dose di radiazioni equivalente ad un anno circa di esposizione alla naturale radiazione ambientale) è possibile vedere in maniera molto dettagliata come vengono ossigenati i diversi segmenti del muscolo cardiaco e stabilire, sulla base di informazioni decisamente più specifiche di quelle che possono essere fornite da un comune elettrocardiogramma da sforzo, come sia possibile intervenire. La scintigrafia è infatti estremamente precisa nel diagnosticare l’eventuale presenza di difetti di perfusione, ovvero aree di ischemia (mancanza di ossigeno), e soprattutto, la loro posizione ed entità. A differenza di altre metodiche che associano immagini ad un test da sforzo, quali la risonanza magnetica cardiaca da stress, è possibile eseguire uno sforzo fisico (cyclette) e non solo uno sforzo tramite l’ausilio di farmaci che ne riproducano le condizioni”.

Ci sono rischi per chi si sottopone a questa procedura?
“Il rischio è talmente basso da non essere nemmeno documentato in letteratura, tanto che gli studi del merito sono stati effettuati sulla base di quanto osservato sui sopravvissuti all’atomica di Hiroshima, dividendo la dose di radioattività in proporzione. La medicina nucleare è in generale una metodica sicura, che presuppone l’esposizione a dosi di radiazioni molto basse e sotto il costante controllo di medici e fisici esperti. L’invasività è limitata e non comporta praticamente alcun fastidio per il paziente, con l’eccezione dell’iniezione del liquido tracciante e dell’attesa relativa ai tempi di esecuzione dell’esame. La collaborazione con il medico di medicina nucleare, già considerata fondamentale in campo oncologico, è diventata molto importante anche per i cardiologi e neurologi. In Humanitas, grazie alla collaborazione quotidiana fra le Unità Operative di Cardiologia e Medicina Nucleare è stato implementato un ottimo flusso comunicativo, la migliore garanzia di eccellenza nel passare dai risultati diagnostici ad una terapia adeguata”.

A cura della Redazione

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