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Tecnologia

Visti ai Raggi X

31/01/2005

Prosegue con la radiologia tradizionale lo speciale di Humanitas Salute dedicato alla diagnostica. I metodi di “imaging” più innovativi e tecnologicamente avanzati, quali la TAC, la Risonanza Magnetica, la Scintigrafia e la PET, non hanno affatto soppiantato la radiologia tradizionale, il cui ruolo resta sempre rilevante e che spesso viene utilizzata in prima battuta per effettuare una diagnosi. Ne parliamo con il dott. Giorgio Brambilla, responsabile del Dipartimento di Diagnostica per Immagini di Humanitas.

Che cos’è
“La radiologia tradizionale – spiega il dott. Giorgio Brambilla – viene anche definita convenzionale, per differenziare gli esami radiologici dalla TAC, dalla Risonanza Magnetica, dall’Ecografia e da tutte le altre indagini diagnostiche più sofisticate che vengono oggi impiegate. Le radiografie vengono effettuate tramite l’impiego dei raggi X e di una pellicola radiografica, che serve da supporto per l’immagine, o più modernamente con tecnica digitale attraverso l’uso del computer”.

Campi di applicazione
La radiologia tradizionale si rivela ancora utile in quanto esistono dei campi di applicazione che non sono stati superati dalle tecnologie più moderne, fondamentalmente nell’ambito dello studio del torace e quindi dei polmoni, poiché resta l’esame più semplice, rapido e con il minor dosaggio di raggi X, anche se poi si possono rendere necessari ulteriori approfondimenti, ad esempio la TAC. Ma per uno studio di prima istanza, ad esempio per una diagnosi di broncopolmonite piuttosto che di pneumotorace, la radiografia può essere completamente sufficiente ed esauriente.
In determinati casi, quindi, non è affatto necessario ricorrere subito a una TAC ed è anzi meglio evitare di sottoporre inutilmente il paziente a una dose significativa di raggi X e a un esame costoso, impegnando una macchina di elevata tecnologia, quando si può ricorrere, con il miglior rapporto costo-beneficio, a una semplice radiografia.
Anche l’apparato scheletrico viene ancora indagato abitualmente con la radiologia tradizionale, in caso ad esempio di traumi e fratture o di artrosi o artrite, magari come primo accertamento, che può spesso essere sufficiente ma sempre suscettibile, eventualmente, di ulteriore approfondimento.

I mezzi di contrasto
Nel caso di radiografie al torace e all’apparato scheletrico non sono necessari mezzi di contrasto, ma la radiologia tradizionale può avvalersene in caso di accertamenti all’apparato digerente, dando da bere al paziente un preparato a base di solfato di bario, per lo studio di esofago, stomaco, duodeno. Questo esame si pone, in determinati casi che sarà lo specialista a identificare, come alternativa alla gastroscopia. Anche il clisma opaco è un esame radiologico che si avvale di un mezzo di contrasto baritato, somministrato attraverso una sonda introdotta nel retto e anch’esso, sempre in casi determinati, può costituire un’alternativa alla colonscopia. Questi ultimi esami radiologici infatti sono stati ridotti nel tempo dall’avvento e dalla diffusione della gastroscopia e della colonscopia, ma probabilmente non saranno mai del tutto soppiantati, perché sono molto semplici da eseguire e meno invasivi, fondamentalmente meno fastidiosi.
Il contrasto iodato per via venosa viene invece utilizzato per l’urografia, un esame dell’apparato urinario in cui si opacizzano reni, ureteri e vescica per il sospetto, ad esempio, di calcoli renali. Esistono poi altri esami radiologici con contrasto in campi più specifici, sempre in ambito urologico (cistografia, uretrografia) o in campo gastrointestinale (clisma del tenue)”.

Recenti sviluppi e prospettive future
“Oggi la radiologia tradizionale è diventata digitale – conclude il dott. Brambilla -: non si usano quasi più le pellicole radiografiche che si impiegavano in passato, ma utilizzando sempre lo stesso sistema di produzione di raggi X che attraversano il corpo del paziente ci si avvale di rivelatori elettronici che trasferiscono l’immagine a un computer. Questa evoluzione della radiografia convenzionale presenta il vantaggio di poter archiviare le immagini, la cui stampa su pellicola o su carta può essere consegnata al paziente, ma che rimangono fissate su sistemi di memoria elettronica, a disposizione del medico, che le può consultare in qualunque momento, ad esempio in occasione di un esame successivo per effettuare un confronto. Un altro vantaggio consiste nella notevole diminuzione della dose di raggi X somministrata al paziente. Le immagini digitali, inoltre, non sono soggette a possibili errori di esposizione (radiografie ‘troppo chiare’ o ‘troppo scure’) come invece può accadere con le pellicole radiografiche tradizionali”.

Di Elena Villa

Gli articoli già pubblicati del dossier “Diagnostica”:
La TAC “Sotto esame”
La Risonanza Magnetica, un esame non invasivo

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