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Tecnologia

L’Imaging Funzionale in Radioterapia

17/01/2005

La Radioterapia è una delle più importanti modalità di cura dei tumori: può essere impiegata da sola con intento curativo (radioterapia esclusiva) o in associazione ad altre metodiche come la chirurgia, la chemioterapia o l’ipertemia. Viene anche impiegata a scopo palliativo per eliminare dolori particolarmente importanti o resistenti alle comuni terapie farmacologiche.
Il trattamento si basa sull’utilizzo delle radiazioni ionizzanti in grado di agire sui tessuti determinandone la morte. Le applicazioni sono indolori e il paziente non è in nessun momento “radioattivo” e può continuare, senza timori, la sua vita normale. Le radiazioni distruggono la capacità di crescere e riprodursi delle cellule, tanto normali quanto ammalate: ma, a differenza dei tessuti sani, quelli ammalati non riescono a riparare il danno provocato dalle radiazioni.

“Negli ultimi anni – spiega la dott.ssa Marta Scorsetti, responsabile dell’Unità Operativa di Radioterapia e Radiochirurgia, la Radioterapia ha avuto uno sviluppo tecnologico molto imponente. La recente implementazione informatica unita alle moderne tecniche diagnostiche (TAC e Risonanza Magnetica), permette l’integrazione di informazioni metaboliche ( PET, RMN funzionale ) consentendo di effettuare una radioterapia più selettiva e, allo stesso tempo, meno tossica per il paziente.
Per definire i piani di cura, utilizziamo diverse immagini diagnostiche provenienti sia dalla TAC che dalla RMN. Nel nostro reparto è presente una TAC dedicata dotata di un sistema di 3 laser mobili per la simulazione virtuale che consente in tempi brevi l’esatta identificazione del volume da trattare. In questi ultimi anni si è intensificato l’uso dell’imaging funzionale in radioterapia grazie all’introduzione della PET nel trattamento di molte forme neoplastiche. In particolare, la possibilità di individuare all’interno del tumore aree metabolicamente più aggressive permette di attivare un trattamento radioterapico più selettivo e quindi molto più efficace”.

La PET
La PET è una modernissima metodica diagnostica in grado di rilevare alterazioni funzionali anche molto precoci di organi e apparati, traducendo in immagini il metabolismo di molecole fondamentali per l’organismo. Oltre ad individuare il tessuto tumorale, la PET è in grado di valutarne accuratamente l’estensione. Può essere utilizzata, dunque, per avere informazioni in tempo quasi reale sull’andamento di una terapia: se le cellule non consumano più zucchero significa che stanno morendo, quindi il paziente risponde in modo positivo alla cura.
L’esecuzione dell’esame è semplice, non invasiva e priva di rischi. La complessità della PET è legata da una parte alle apparecchiature ad altissima tecnologia necessarie per sintetizzare i radiofarmaci (o traccianti) e per realizzare le immagini; dall’altra, al fatto che gli atomi radioattivi utilizzati hanno una emivita (vita media) molto breve – due ore al massimo – e devono essere prodotti al momento dell’utilizzo.
La PET utilizza vari tipi di traccianti. Fra questi, i più importanti sono lo 18F-FDG, che si utilizza per lo studio di molti tumori; la 11C-metionina, per i tumori cerebrali; la 11C-colina, per il carcinoma della prostata; altri traccianti sono in grado di valutare l’ipossia cellulare, cioè di identificare aree di necrosi.
Tutti questi traccianti, fornendo indicazioni sui volumi tumorali, aiutano a definire piani di cura più mirati.

Piani di cura mirati
“Fino a qualche tempo fa – prosegue la dott.ssa Scorsetti – il target della Radioterapia, ossia la malattia tumorale, veniva considerato omogeneo, quindi si somministrava una dose omogenea di radiazioni ionizzanti. Oggi, invece, grazie all’utilizzo dell’imaging funzionale, consideriamo anche il volume il biologico (BTV) e non solo il volume tumorale macroscopico (GTV) o sub clinico (CTV). L’introduzione del BTV permette di essere più selettivi e più efficaci. Disporre di informazioni funzionali significa poter sapere dove la malattia è più aggressiva e, quindi, poter optare per tecniche di ‘dose-escalation’ cioè di intensificazione della dose, o di ‘concomitant boost’ (un sovra-dosaggio durante il trattamento stesso sulla parte del tumore più ‘cattiva’, in modo da ottenere un maggior controllo locale della malattia), o ancora per un ‘ipofrazionamento’ della dose: ad esempio, per trattamenti radiochirurgici è possibile erogare una dose maggiore per seduta, riducendo il numero totale delle sedute ad una o due.
Tutto questo migliora non solo l’efficacia del trattamento ma anche la qualità di vita del paziente, diminuendo la tossicità e i tempi di esecuzione delle terapie. Ecco perché l’utilizzo delle immagini funzionali è sempre più diffuso per il trattamento delle patologie oncologiche, principalmente per il polmone, ma anche per la mammella, l’encefalo e la prostata.
Nel caso del carcinoma polmonare, ad esempio, la PET total body può addirittura cambiare l’indicazione al trattamento. Se rileva metastasi al fegato o all’encefalo in un paziente con una malattia considerata locale, ossia un tumore localizzato solo al polmone, si cambia radicalmente la decisione terapeutica, escludendo il paziente da un trattamento – sia esso chirurgico, chemioterapico o radioterapico – con finalità radicale loco-regionale, che sarebbe inutile.
Ancora, la PET è in grado di classificare con sicurezza linfonodi dubbi alla TAC: in questo modo, è possibile estendere l’area di trattamento anche ai linfonodi malati evitando omissioni geografiche del target e ricadute locali.
Nei tumori ginecoloci, ad esempio per il carcinoma della cervice, è molto utile valutare con la PET se ci sono adenopatie pelviche, in modo da poter fare una corretta valutazione dell’estensione della malattia e attivare un sovradosaggio sulle aree linfonodali interessate.
Nel caso di carcinoma della prostata, se in un paziente già operato a distanza di qualche anno si verifica un aumento del PSA (il più importante marker per questo tipo di tumore), con la PET con colina si riesce a stabilire dove è localizzata la malattia e, dunque, fare una radioterapia mirata in quel punto”.
Le tecniche più ultilizzate sono la radioterapia conformazionale 3-D, la IMRT (radioterapia a modulazione di intensità) e la Radiochirurgia, una particolare tecnica che permette l’irradiazione ad alte dosi di piccoli volumi, sia cerebrali che corporei, con estrema accuratezza e precisione.

Di Monica Florianello

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