Stai leggendo Onde… che curano le ossa

Tecnologia

Onde… che curano le ossa

08/07/2005

Con il termine “pseudoartrosi” si indicano tutte quelle fratture che, a distanza di 6 mesi dal trauma non mostrano segni di guarigione, nonostante i vari trattamenti cui possono essere già state sottoposte (immobilizzazione in gesso, chirurgia, campi magnetici, eccetera). Si tratta di un problema non così raro – spiega la dott.ssa Maria Cristina d’Agostino, che in Humanitas è responsabile del Servizio di Terapia ad Onde d’Urto – e che spesso costringe il paziente che ne è affetto a complessi iter terapeutici. La pseudoartrosi, infatti, può dipendere da innumerevoli fattori: la sede ed il tipo di frattura (alcuni segmenti ossei sono più a rischio di altri), il tempo che intercorre fra il momento del trauma e quello della diagnosi, l’inadeguatezza dell’immobilizzazione o della tecnica chirurgica utilizzata, la presenza di infezione o l’esposizione della frattura”.
“Non è mai semplice – prosegue Maria Cristina d’Agostino – curare una pseudoartrosi, perché ci si trova quasi sempre di fronte ad un arto compromesso nella sua funzionalità dalle immobilizzazioni prolungate o dai tentativi terapeutici precedenti. La terapia più diffusa per la cura di questo problema è ancora quella chirurgica: dall’osteosintesi mediante placche con viti o fissatori esterni, fino ai trapianti ossei (osso vitale prelevato da altre sedi). Ma è la terapia ad onde d’urto quella che, oggi, dà i risultati migliori”.
Nata sul finire degli anni ‘80, è una metodica non invasiva che consiste nell’utilizzo di onde acustiche ad alta energia, impulsi sonori che assumono un picco di pressione e generano una forza meccanica diretta (onde d’urto per l’appunto). Prodotte in un mezzo acquoso e convogliate su un bersaglio definito, detto “fuoco”, queste onde trasmettono una quantità di energia dosabile, con effetto terapeutico e precisione millimetrica.

I vantaggi della terapia ad onde d’urto
“Le onde d’urto – spiega la dott.ssa d’Agostino – determinano sul tessuto osseo una risposta che, stimolando i processi riparativi, porta alla guarigione: in altre parole, colpiscono la zona della lesione creando dei microtraumi e quindi un ematoma, che è il primo passo verso la formazione del callo osseo. Si cerca quindi di ricreare le condizioni di una frattura recente, con tutto il suo potenziale riparativo: questo è anche il motivo per cui dopo il trattamento ad onde d’urto, se non sono presenti mezzi di sintesi (placche e/o viti o fissatore esterno), l’arto deve essere immobilizzato per un certo periodo, proprio come si farebbe con una frattura “fresca”. Rispetto alla terapia chirurgica, il vero valore aggiunto delle onde d’urto è la stimolazione del metabolismo osseo. A livello molecolare, infatti, innescano un meccanismo di produzione di nitrossido (monossido di azoto), stimolo naturale a una serie di effetti biologici fondamentali per la rivascolarizzazione, la rivitalizzazione e la riparazione tessutale: dalla vaso-dilatazione alla neoangiogenesi, ossia la formazione di nuovi vasi capillari. Per questo le onde d’urto sono particolarmente indicate anche per la cura delle necrosi ossee (della testa del femore, dell’omero…), patologie molto gravi che possono determinare anche invalidità o comportare la necessità di una sostituzione protesica.
Per questa loro capacità di agire sul microcircolo tissutale, le onde d’urto si sono rivelate un vero “toccasana” per tutte quelle sindromi dolorose dell’apparato scheletrico in prossimità delle articolazioni maggiori (anca, ginocchio, caviglia, piede, spalla e polso), o di origine post – traumatica o di origine ignota (sindromi algodistrofiche), caratterizzate dalla presenza di edema nel tessuto osseo, ben rilevabile con esame RMN.
Ed è proprio la capacità delle onde d‘urto di stimolare i processi angiogenetici e riparativi a livello tissutale, che ha fatto pensare a campi di applicazione, anche al di fuori dell’Ortopedia: attualmente per esempio si sta sperimentando con successo il loro potenziale utilizzo in Cardiologia, per il trattamento delle ischemie miocardiche o delle angine refrattarie a terapia farmacologia”.

Le altre applicazioni delle onde d’urto
Humanitas è uno dei pochi ospedali in Italia a disporre di un apparecchio per terapia ad onde d’urto di ultimissima generazione, che consente al medico, individuato il bersaglio (pseudoartrosi, necrosi ossea o edema osseo), di puntarlo con precisione millimetrica, tramite un sistema computerizzato, e questo ovviamente è un requisito molto importante per la buona riuscita della terapia. “Presso il nostro Istituto – conclude la dott.ssa d’Agostino – la terapia a onde d’urto trova applicazione, oltre che per il trattamento di pseudoartrosi, necrosi ed edema osseo, anche per la cura delle affezioni infiammatorie delle strutture tendinee e muscolari. Nei tessuti molli, infatti, le onde d’urto producono un effetto antinfiammatorio e analgesico: in altre parole, tolgono rapidamente il dolore e l’infiammazione, in molti casi fin dalla prima seduta”. Trattandosi di una metodica efficace, non invasiva, ripetibile (poiché sostanzialmente priva di veri e propri effetti collaterali) ed a cui il paziente si può sottoporre in regime di convenzione SSN, può costituire una valida strategia per risolvere patologie dell’apparato muscolo-scheletrico, sia di tipo maggiore (pseudoartrosi, necrosi/edema osseo) che minore (infiammazioni), senza rischi per la salute e risparmiando spesso al paziente un lungo e tortuoso iter terapeutico”.

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita