Identificare i sintomi della depressione da come si usa uno smartphone. È questa la conclusione di una ricerca dell’istituto clinico e di ricerca Northwestern Medicine (Stati Uniti) pubblicata sul Journal of Medical Internet Research.
I ricercatori hanno arruolato 40 persone monitorando l’uso del loro smartphone per due settimane, anche se i dati utili per lo studio sono arrivati solo da 28 persone. Grazie a un’app i ricercatori hanno definito la frequenza dell’uso dello smartphone e il tempo che i partecipanti trascorrevano con il dispositivo in mano. Inoltre hanno “mappato” i loro spostamenti e visto quanti luoghi frequentavano. Prima di finire sotto la lente di ingrandimento del team, i partecipanti hanno risposto a un questionario per misurare un eventuale stato depressivo.
Passare molto tempo a casa tra gli indicatori dei sintomi della depressione
Dai dati è emerso che più tempo si passa al telefono maggiore è la probabilità di avere a che fare con la depressione. Un altro indicatore dei sintomi della depressione è stato identificato nell’abitudine a trascorrere più tempo a casa o a frequentare pochi altri luoghi.
Grazie al monitoraggio con gli smartphone i ricercatori sono stati in grado di individuare le persone con sintomi di depressione con un’accuratezza dell’87%, più di quanto non fosse emerso dai questionari. Dei partecipanti 14 non presentavano sintomi depressivi, gli altri 14 sì, con un grado di intensità crescente.
«Questa ricerca è un ottimo esempio di come sia possibile usare le nuove tecnologie per monitorare dei quadri diagnostici particolari in persone colpite da depressione o potenziali pazienti», spiega il dottor Enrico Lombardi, psicologo e psicoterapeuta dell’ospedale Humanitas. «In Italia la prevalenza della depressione è dell’11,2% (fonte: ministero della Salute). Un monitoraggio del genere, mediante smartphone, potrebbe essere utile se altri studi lo confermeranno, per tenere sotto controllo pazienti durante in terapia, per evitare eventuali ricadute o intervenire in caso di pericolo per la persona».
Secondo i suoi autori, infatti, dallo studio arriverebbero informazioni utili per seguire le persone a rischio depressione e magari intervenire tempestivamente. Tuttavia un limite dello studio risiede nelle dimensioni ridotte del campione e nell’impossibilità di rilevare quali attività ciascuno facesse con il proprio smartphone.
In Italia la depressione colpisce l’11,2% della popolazione
«Un altro “punto cieco” dello studio – aggiunge lo specialista – è che dalla ricerca sono tagliati fuori quei pazienti che non sono in cura perché non riescono per diversi motivi a chiedere aiuto allo specialista».
«Non dimentichiamoci che la depressione è un disturbo che può portare alla morte. I dati disponibili indicano un 15% di pazienti depressi che si suicidano e un 56% di tentati suicidi. Per tutte quelle persone che soffrono di depressione e che non arrivano a chiedere aiuto, e per i loro familiari, l’informazione e la prevenzione possono fare tanto. Basti pensare che l’Organizzazione mondiale della Sanità prevede che al mondo, nel 2020, la depressione sarà la seconda causa di malattie dopo i disturbi cardiovascolari», conclude il dottor Lombardi.