Aumentano i selfie, aumentano i ritocchi

Tra video e selfie, non ci sono dubbi che l’esposizione mediatica sia, in generale, in forte crescita e che proprio da questo possa derivare un maggior disagio rispetto alla propria immagine, quando percepita come non sufficientemente “bella” o “giovane”.

Da questa osservazione teorica, in base ai dati raccolti dall’American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery, derivano una serie di conseguenze tangibili. La prima delle quali è l’aumento della richiesta di ritocchi estetici.

Ne parliamo con il professor Marco Klinger, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Istituto Clinico Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano.

Secondo i dati americani, la “selfie-mania” ha fatto aumentare le richieste di interventi estetici alle palpebre del 10%, al naso del 7% e di trapianto di capelli per il 6%. Trova un riscontro nella sua esperienza?

«La realtà americana è molto diversa da quella italiana: da noi la chirurgia plastica tiene, mentre oltreoceano è in crescita. Premesso questo, sicuramente naso e palpebre sono oggetto di una feroce autocritica da parte dei pazienti e per questo ai primi posti per richiesta di intervento. E sicuramente il desiderio di vedersi “in ordine”, sui social network, può essere un’ulteriore leva verso un intervento di chirurgia estetica».

Qual è l’identikit del paziente che arriva da lei mostrando una sua foto e indicando su questa gli elementi che vorrebbe modificare sottoponendosi a un intervento?

«Sono tendenzialmente le persone più giovani, quelle con maggiore dimestichezza con la tecnologia e con i social network. In ogni caso, quando il punto di partenza è una foto digitale, vale sempre la pena ricordare che si tratta di un documento non oggettivo, perché la riproduzione come è noto non è completamente fedele. Questo vuol dire che per esempio quelle palpebre non sono necessariamente così segnate e che quel naso non è necessariamente così sproporzionato come sembra».

Quindi è giusto respingere le richieste di ritocco che partono da un selfie?

«Penso che anche il selfie, come la foto del vip o della modella di turno, aiutino il chirurgo in una parte fondamentale del suo lavoro, che è quella di raccogliere gli indizi. Se una paziente mi mostra uno scatto di Julia Roberts e mi chiede lo stesso naso, io capisco che nel suo ideale estetico c’è un naso tendenzialmente lungo e con la punta stretta. Lo stesso ovviamente può avvenire se un paziente parte da un selfie, di cui evidenzia i difetti, e proprio per questo non lo condanno tout court. Anzi, da un certo punto di vista giudico positivo prendere in considerazione se stessi, piuttosto che un modello lontano e irraggiungibile».

Quando è giusto accogliere il desiderio di un paziente e quando è giusto respingerlo?

«La migliore chirurgia plastica è quella che dà i risultati più coerenti e naturali, in pratica quella che, se c’è, non si vede. No, quindi, alle richieste eccessive o destinate a risultare poco in armonia con il resto del viso o del corpo, come mammelle troppo grandi o nasi corti, stretti e all’insù in un viso con i lineamenti marcati».

 

Risposte del professor Marco Klinger

responsabile di Chirurgia Plastica in Humanitas

docente dell’Università degli Studi di Milano

 

Chirurgia plastica, articoli correlati

 

 

Prof. Marco Klinger: