Nuova influenza, si studia il vaccino

Il virus si diffonde e non rallenta e sale il livello di allerta sul rischio pandemia. I ricercatori già al lavoro per lo studio di vaccini in grado di bloccarlo: ne parliamo con l’esperto Rino Rappuoli.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha elevato da quattro a cinque, su una scala di sei, il livello di allerta sul rischio di pandemia per l’influenza da virus A/H1N1, misura attuata non appena stabilito che l’infezione ha attecchito in almeno due Paesi. Sono oltre mille, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i casi di Nuova influenza confermati dalle analisi di laboratorio. Destano preoccupazione le dichiarazioni dell’OMS: “Il virus si diffonde e non ci sono evidenze attuali che stia rallentando”, spiegano. “La priorità è ora capire come si sta evolvendo la situazione e se il virus arriverà in zone finora non raggiunte”.

Ne parliamo con il dott. Rino Rappuoli, immunologo di fama internazionale che nel Centro Novartis di Siena sta lavorando a un vaccino contro la Nuova influenza, intervenuto al convegno “Ricerca in Immunologia, Economia, Solidarietà, insieme per la salute globale” tenutasi in Humanitas durante la Giornata europea dell’Immunologia: “Sono ottimista perché oggi fortunatamente abbiamo le tecnologie per rispondere velocemente a queste situazioni. Questo grazie agli investimenti che sono stati fatti per affrontare un problema come quello dell’influenza aviaria negli ultimi dieci anni”.

Come sarà il nuovo vaccino?
“È ancora presto per dirlo, perché il virus è appena arrivato, lo stiamo ancora analizzando. Sappiamo però una cosa importante: abbiamo lavorato negli ultimi 10 anni per prepararci al rischio dell’influenza aviaria, e proprio di recente abbiamo pubblicato sulla rivista dell’accademia delle scienze Usa (Pnas) risultati sul vaccino aviario che sono molto buoni. Abbiamo infatti dimostrato che usando l’adiuvante MF59 per migliorare il vaccino, riusciamo a ottenere una risposta immunitaria contro ogni ceppo di influenza aviaria che è stato isolato dall’uomo, ed è una cosa totalmente inaspettata, che nessuno era ancora riuscito a fare. Eravamo partiti per dire a tutto il mondo che avevamo risolto il problema dell’influenza aviaria, ma nel frattempo è venuta fuori l’influenza A: quindi quello che possiamo dire è che con l’esperienza fatta con l’adiuvante e il vaccino per l’aviaria ci sentiamo tranquilli, e che possiamo trasferire queste conoscenze al nuovo virus, per essere pronti a mettere a punto un vaccino che funzionerà”.

Quando sarà pronto il vaccino?
“Credo che saremo in grado di avere un vaccino in produzione prima dell’autunno, cioè quando si pensa che ci possa essere il rischio di un’esplosione della pandemia. Quindi sono ottimista sul fatto di riuscire a produrre il vaccino necessario per poter affrontare questa influenza”.

Quante dosi di questo vaccino potranno essere prodotte?
“I numeri dipendono sempre da quanto questo virus cresce bene in laboratorio e da altri fattori. Inoltre, stiamo discutendo con l’Organizzazione mondiale della sanità e la Comunità europea: sono decisioni che il settore privato e il settore pubblico prenderanno insieme, perché in qualche modo riguardano la collettività intera e non solo le industrie private”.

Esiste il rischio pandemia?
“È possibile che l’evoluzione dell’influenza suina sia simile a quelle pandemie che si sono verificate nel 1918 e nel 1958: ci sono stati pochi casi in primavera, poi la gente se n’è dimenticata e infine la pandemia è arrivata in autunno, e nessuno se l’aspettava. Quindi è importante essere pronti con il vaccino per l’autunno: è un obiettivo raggiungibile, ma bisognerà lavorare molto sulla logistica e su come programmare la produzione anche del vaccino per l’influenza stagionale”.

Di Alessio Pecollo

Nella foto, Rino Rappuoli e Alberto Mantovani

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