Mamme nel “Blues”

La malattia vera e propria si chiama depressione post-partum. Quando invece l’alterazione dell’umore dopo la nascita di un figlio è lieve, si parla di baby blues.
I dati parlano di baby blues per il 30-75% delle puerpere. Una volta su dieci, invece, siamo in presenza di una depressione franca post-partum. Una volta su mille, infine, il disturbo affettivo prende la forma di una vera e propria psicosi.
Siamo quindi di fronte a un fenomeno ampio per il quale si chiede aiuto troppo poco agli esperti. La dottoressa Emanuela Mencaglia, psicologa di Humanitas, ci ha spiegato di che cosa si tratta e come uscirne.

Qual è la differenza fra baby blues e depressione post-partum franca?
Il baby blues, cioè la sensazione di tristezza che le donne vivono dopo il parto, è il disturbo più comune. La mamma vive il suo nuovo ruolo con ansia e instabilità. È preoccupata di non essere all’altezza del suo compito. Di non essere in grado di poter curare il nuovo arrivato. La forma di depressione è lieve e per fortuna si risolve rapidamente, spesso con il sostegno dei famigliari e del personale sanitario.
La depressione franca, invece, sebbene presenti gli stessi sintomi, si esprime con una diversa intensità. Colpisce le mamme giovani come quelle più avanti con gli anni e indipendentemente dal numero di figli già avuti. Le mamme più esposte sono quelle prive di un supporto familiare, così come quelle che vivono momenti stressanti come la perdita di una persona amata, il cambio di città, una grave malattia in famiglia. Tra queste si trovano le donne che hanno già avuto in passato disturbi psichiatrici.

Fattori ormonali
La gravidanza e il parto provocano dei mutamenti a livello ormonale. Il livello di estrogeni e progesterone, fluttuando, rendono il tono dell’umore instabile. In letteratura non è stato ancora descritto il motivo per quale molte donne riescano a regolare più rapidamente il livello ormonale di altre in questo caso specifico.

Quali sono i sintomi del baby blues
La donna si ripiega su se stessa, isolandosi con i suoi timori e le sue incertezze. Non si rende conto del momento di vulnerabilità psicologica che sta attraversando. In questo caso tocca ai famigliari starle vicino per farle coraggio. Tra i sintomi ci sono l’astenia, la difficoltà a fare le cose di tutti i giorni, tristezza, pianto frequente. Si può arrivare al distacco e al disinteresse verso il bambino.

Come educare la neo mamma a superare il baby bues?
Non a tutte le mamme viene naturale “manipolare” il neonato, può nascere la paura di fargli del male. Spesso, però, la difficoltà che queste mamme devono superare è l’incapacità di saper gestire sensazioni ed emozioni nuove. Capita così che invece di essere felici per ciò che è capitato, si facciano prendere dalla paura. Invece, madre e padre devono saper entrare il più presto possibile nella nuova quotidianità a tre, dove è presente anche il bambino.

Che genere di sostegno sociale serve
Sono in via di studio dei gruppi psicoeducazionali omogenei per problematica (per esempio tutte le donne che soffrono di baby blues) con la presenza di un conciliatore. Il gruppo di sostegno deve aiutare a far fronte, ad esempio, all’esperienza della perdita della “pancia”. Ad un’eccessiva possessività e gelosia verso il bambino. Non spaventarsi se non si comprendono i segnali che il bambino lancia attraverso il pianto. Si imparerà velocemente a comunicare con questi. A non farsi esasperare da un bambino un po’ difficile: di sicuro non è, come si crede, il bambino più difficile del mondo. Meglio chiudere in partenza “buchi neri” di questo tipo, cercando di sollevare nella pratica quotidiana la neo-mamma che spesso si sente esausta dalla fatica e per questo in colpa.

A cura di Marco Renato Menga

Redazione Humanitas Salute: