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L’anestesia “periferica”: poco invasiva ma molto precisa

07/02/2006

Dall’anestesia generale alla loco-regionale periferica: il cerchio si stringe sempre di più. Quando l’operazione lo permette, per tipologia e zona del corpo interessata, è ottimale scegliere la tecnica meno invasiva da tutti i punti di vista. Considerando che in anestesia vale questo fondamentale principio: “dormire: sì o no, a seconda dei casi; dolore: mai”. Con la loco-regionale periferica si elimina il dolore senza perdita della coscienza e si anestetizza solo una regione specifica del corpo. Come, quando e con quali vantaggi e applicazioni utili? Risponde la dottoressa Roberta Monzani, responsabile del Day Hospital Chirurgico di Humanitas.

Perché l’anestesia loco-regionale periferica è così selettiva?
“Perché agendo, a differenza di spinale e peridurale (anestesie loco-regionali centrali), sul sistema nervoso periferico, riesce effettivamente a inibire solo la zona interessata dall’intervento, con effetti più precisi e circoscritti. Faccio un esempio: se devo operare la mano posso anestetizzare solo i nervi del braccio senza inibire alcuna altra funzione corporea. Se, invece, operiamo un’ernia inguinale in anestesia spinale, si blocca di conseguenza anche la funzione urinaria”.

Per quali zone del corpo è utilizzabile e come?
“Per tutte le zone la cui sensibilità è portata dal sistema nervoso periferico, quindi gli arti in generale. L’anestetico si inietta con una puntura vicino ai nervi che portano la sensibilità alla zona da operare, in modo da bloccarne il funzionamento. A seconda della zona da operare si parla quindi di diversi ‘blocchi’. I fondamentali sono: plesso brachiale, che interessa gli arti superiori e che viene effettuato a livello del collo se si interviene anche sulla spalla, o a livello dell’ascella se interessa la zona dall’ascella in giù verso la mano; il blocco del nervo femorale o ‘biblock’ per gli arti inferiori; il blocco del nervo sciatico con iniezione all’altezza dei glutei o più giù dietro il ginocchio a seconda della necessità; il blocco del nervo tibiale posteriore o peroneale per le operazioni al piede (es. alluce valgo)”.

Con quali vantaggi?
“Riducendo al minimo indispensabile la zona interessata dall’anestesia se ne ottimizzano i risultati. Possiamo paragonare il sistema nervoso a un albero che ‘irraggia’ tutto il corpo. Se si deve intervenire nel tronco o alla base di rami principali non si può far altro che anestetizzare l’albero dal centro, quindi anestetizzarlo tutto o quasi, e si deve intervenire con un dose di anestetico adeguatamente alta. Man mano che ci si sposta verso le estremità è invece possibile circoscrivere la zona su cui intervenire e, poiché i rami si fanno più sottili, usare anestesie meno invasive. Sarebbe ovviamente inutile fare un’anestesia generale o periferica centrale per operare un dito, considerando tra l’altro che le anestesie loco-regionali centrali, pur agendo anch’esse solo su una zona del corpo, producono un blocco sensitivo e motorio maggiore, che a volte coinvolge e inibisce anche funzioni confinanti”.

E in particolare con quali applicazioni?
“Nella chirurgia in Day Hospital la loco-regionale periferica, nei casi in cui è possible, è particolarmente efficace e utile, in quanto consente un recupero del paziente più facile e veloce di un’anestesia generale e una gestione ottimale del dolore”.

Che farmaci si usano?
“Si usa un anestetico locale a lunga, media o breve durata, a seconda delle necessità per la sedazione durante il tempo chirurgico e/o un analgesico a bassa concentrazione e durata piùo meno lunga per coprire il dolore anche nel post operatorio”.

Come si può essere sicuri di aver effettivamente neutralizzato il sistema nervoso della zona che interessa?
“Fortunatamente oggi ci si avvale di uno strumento chiamato elettroneurostimolatore che, collegato all’ago, tramite un impulso elettrico segnala con sicurezza che stiamo iniettando l’anestetico nel punto giusto. Una volta, invece, in assenza di tale apparecchio occorreva toccare se non addirittura trapassare il nervo per aver la ceretzza che l’anestetico era andato a buon fine. Con una notevole differenza di rischi: anche solo toccare i nervi poteva provocare lesioni più o meno gravi e reversibili”.

Invece attualmente che rischi si corrono?
“Poiché la medicina non è una scienza perfetta, c’è comunque un minimo rischio di lesioni nervose, ma ridotte e reversibili: per esempio, se un ago attraversa un vaso si può produrre un ematoma”.

Ci sono pazienti per cui è controindicata?
“Sì, i pazienti che hanno malattie degenerative nervose come la sclerosi multipla, perché in quei casi, essendo il nervo malato o non integro, l’elettroneurostimolatore può non funzionare”.

Spesso si pensa erroneamente che anestesia loco-regionale e anestesia locale siano la stessa cosa. Qual è, invece, la differenza?
“L’anestesia locale è proprio ‘in loco’: l’anestesista, spesso lo stesso medico che interviene, inietta l’anestetico direttamente intorno alla zona da operare (vicino al dente, vicino al neo o alla cisti che si deve asportare ecc..). La loco-regionale, invece, inibisce una ‘regione’ nervosa periferica in ambito della quale avviene l’intervento”.

Che cosa è importante sapere sulle piccole anestesie locali effettuate direttamente dai medici specialisti (dentista, dermatologo…)?
“Chi la effettua dovrebbe sempre cercare il giusto compromesso fra la concentrazione dell’analgesico e il tempo necessario, perché produca l’effetto e la durata richiesti”.

Ci sono rischi? I farmaci che si usano possono essere tossici?
“C’è sempre il rischio minimo della variabile soggettiva, come la diversa risposta che può avere ciascun organismo all’anestetico o l’esistenza di una conformazione fisiologica particolare (ad esempio un nervo radiale che va a zig-zag). Per quanto riguarda gli effetti collaterali dei farmaci, il rischio che si producano reazioni alla tossicità è minimo se non si oltrepassa la dose massima per chilo di peso indicata per ciascun farmaco. Oltre quel limite si rischiano svenimenti, problemi cardiovascolari, attacchi epilettici. Qualsiasi sia la tecnica anestesiologica”.

Di Francesca Blasi

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