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Il Premio “Galileo Galilei” al prof. Mantovani

02/10/2007

Il Premio Internazionale Galileo Galilei dei Rotary Club italiani, giunto alla 46esima edizione, è stato assegnato quest’anno al musicologo tedesco Friedrich Lippmann e all’immunologo italiano Alberto Mantovani. La premiazione, nell’aula magna dell’Università di Pisa, avverrà sabato 6 ottobre.
Assegnandogli all’unanimità il premio per la Storia della musica italiana, la giuria ha sottolineato che Lippmann è “il musicologo che più efficacemente ha contribuito alla conoscenza, valorizzazione, diffusione della musica italiana nella cultura internazionale e delle sue connessioni, in particolare con musicisti tedeschi quali Mozart, Haydn, Wagner”. La commissione ha inoltre considerato di particolare importanza il lungo lavoro di Lippmann come direttore per oltre 30 anni della sezione di Storia della musica dell’Istituto storico germanico di Roma.

Importanti scoperte nel campo delle difese immunologiche e di nuove molecole nel settore oncologico sono gli elementi che hanno valso al prof. Mantovani il premio per la medicina. Attualmente direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas, lo scienziato italiano è uno dei maggiori esperti mondiali per l’immunologia e le infiammazioni.
Il riconoscimento, dedicato fino a due anni fa solo a studiosi stranieri che hanno dedicato la loro attività scientifica alla civiltà italiana, ha inaugurato nel 2006 una seconda sezione che premia anche uno scienziato italiano che ha raggiunto fama internazionale. La scelta dello studioso straniero è fatta da una giuria italiana, mentre il premio all’italiano è assegnato da una giuria di specialisti stranieri. Il primo riconoscimento di questa seconda sezione è andato lo scorso anno al fisico Giorgio Parisi; quest’anno il premiato è Mantovani. Le due giurie cambiano ogni anno, in rapporto alla disciplina da prendere in considerazione, e sono nominate entrambe dal rettore dell’Università di Pisa.

Chi sono i vincitori dell’edizione 2007
Friedrich Lippmann è nato in Germania, a Dessau, il 25 luglio 1932. Dal 1964 al 1996 è stato direttore della sezione di Storia della musica dell’Istituto storico germanico di Roma, dove ha curato il continuo aggiornamento della biblioteca e rilevanti iniziative bibliografiche quali la rivista “Analecta musicologica”, di cui è stato curatore dal 1966, la collana di edizioni musicali “Concertus Musicus” da lui creata nel 1973, e una costante attività di convegni e conferenze volti ad approfondire aspetti poco noti della storia musicale italiana.
L’opera italiana dell’700 e dell’800 è stata uno dei punti principali del lavoro scientifico svolto a Roma da Lippmann, che dedicò le sue prime ricerche a Vincenzo Bellini, diventandone il maggior esperto mondiale. Per Lippmann, Bellini “è uno di quegli autori la cui musica si è sviluppata stupendamente in un breve tempo, rispetto, per esempio, a Donizetti. Dalla sua prima opera, l”Adelson e Salvini’ a ‘I Puritani’, in soli dieci anni è riuscito a raggiungere uno stile finissimo che incantava il mondo musicale”.
Come componente del comitato direttivo della Società italiana di musicologia, Lippmann ha creato uno stretto collegamento fra il lavoro della sezione di Storia della musica e le istituzioni musicologiche italiane e tedesche.
Ha collaborato al “Progetto Sammartini” per la catalogazione e pubblicazione delle composizioni (spesso inedite) di Giovanni Battista Sammartini, oggi considerato il “padre della sinfonia”, i cui manoscritti sono distribuiti in maniera estremamente irregolare sul territorio europeo a causa della frammentazione politica dell’Italia del 1700.

Alberto Mantovani è nato nel 1948 a Milano, dove si è laureato in Medicina nel 1973. Dopo la specializzazione in oncologia, ha lavorato al Chester Beatty Research Institute di Londra e negli USA ai National Institutes of Health. È professore ordinario di Patologia generale alla facoltà di Medicina dell’Università di Milano e, dall’ottobre 2005, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas. Precedentemente è stato capo del Dipartimento di immunologia e biologia cellulare dell’Istituto Mario Negri di Milano. Oggi è uno dei maggiori esperti mondiali per l’immunologia e le infiammazioni.
I suoi interessi si sono da sempre focalizzati sui meccanismi di difesa immunologica, con particolare riferimento ai sistemi di difesa più primitivi (immunità innata). Mantovani ha contribuito al progresso in questo settore sia formulando nuovi paradigmi, sia identificando nuove molecole e funzioni. In particolare, i suoi studi iniziati negli anni ’70 hanno identificato come i macrofagi presenti all’interno di un tumore, e ritenuti un costituente fondamentale di difesa contro la reazione infiammatoria, siano invece un meccanismo che facilita il tumore stesso. Ciò significa che l’immunità innata (rappresentata da macrofagi e linfociti) viene sovvertita dai tumori e indotta ad agire non per contrastare le formazioni estranee rappresentate dalle masse tumorali, ma addirittura per favorirne la crescita e l’espansione in metastasi. Venti anni fa, questa teoria di Mantovani fu considerata come pura eresia; oggi viene universalmente riconosciuta ed ha portato ad una migliore comprensione del rapporto tra infiammazione e cancro secondo cui almeno un quinto o un sesto dei tumori umani (soprattutto di prostata, tiroide e intestino) ha una componente infiammatoria fra le sue cause.

“La considerazione più diretta – sottolinea Mantovani – è che è possibile controllare il tumore bloccando alcune vie infiammatorie” e in questo senso “ci sono già risultati clinici importanti”. La ricerca delle molecole che guidano i macrofagi all’interno dei tumori ha portato il gruppo di Mantovani alla scoperta, all’inizio degli anni ’80, della chemiochina nota come Monocyte Chemotactic Protein-1/CCL2, contribuendo così alla scoperta della grande superfamiglia delle chemiochine.
Tra le scoperte di Mantovani, il primo membro della famiglia delle pentrassine lunghe che potrebbe rivelarsi un nuovo efficace marker diagnostico in malattie cardiovascolari e infiammatorie, l’individuazione di una proteina (il “recettore-trappola” D6) senza la quale aumentano gli aborti spontanei dovuti a reazioni infiammatorie e l’individuazione di un sconosciuto effetto di una proteina (la cosiddetta PTX3 già scoperta negli anni ’90 dal gruppo di Mantovani e prodotta dall’organismo in risposta a situazioni infiammatorie) la cui presenza moltiplica per quattro il rischio di morte in caso di infarto.
Il gruppo di Alberto Mantovani ha scoperto il primo recettore “decoy”, un falso recettore che invece di attivare la cellula funge da trappola molecolare e da freno dell’infiammazione. I recettori decoy costituiscono ora una strategia generale di regolazione dell’immunità dell’infiammazione, conservata nell’evoluzione e ora utilizzata per terapia.
Per la sua attività di ricerca, Mantovani ha ricevuto numerosi premi nazionali e internazionali. Le analisi bibliometriche lo indicano come uno dei cento immunologi più citati degli ultimi 20 anni nella letteratura scientifica internazionale.

A cura della Redazione

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