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Graziotti: le nuove frontiere della chirurgia urologica

24/07/2007

Il convegno organizzato dall’AURO, l’Associazione Urologi Italiani, in collaborazione con GSK Glaxo Smith Kline dal titolo “I limiti della conservazione in chirurgia uro-oncologica” si è appena concluso. Tre giorni di dibattiti e chirurgia in diretta che hanno ancora una volta sottolineato quanto sia importante selezionare accuratamente i pazienti da sottoporre a chirurgia conservativa per non mettere mai a repentaglio la radicalità oncologica. Ne parliamo con il prof. Pierpaolo Graziotti, responsabile dell’Unità Operativa di Urologia di Humanitas.

Qual è stato il tema del convegno?
“Nel corso del convegno si è discusso dei limiti della chirurgia conservativa oncologica in urologia, che indubbiamente nel corso degli ultimi anni ha fatto grandi passi avanti, ma che non può essere applicata senza aver prima fatto un’attenta selezione dei pazienti. Il rischio, infatti, è quello di preservare l’organo senza però garantire la necessaria e sempre indispensabile radicalità oncologica, cioè la completa rimozione del tumore”.

Che cosa si intende per chirurgia conservativa?
“Si parla di chirurgia conservativa nei casi in cui è necessario intervenire per rimuovere un tumore cercando nello stesso tempo di preservare l’organo interessato o alcune delle sue funzioni.
Si tratta quindi di interventi di resezione renale, dove non è più l’intero rene a essere asportato ma solo la porzione colpita dalla malattia; di prostatectomia totale nerve sparino, cioè di asportazione della prostata, dove si cerca di preservare la potenza sessuale; di cistectomia nerve e sex sparino, cioè di asportazione della vescica senza danneggiare la continenza e la potenza sessuale; di chirurgia conservativa nel tumore del pene; di linfoadenectomia retroperitoneale nerve sparino per tumore del testicolo”.

Perché è indispensabile selezionare i pazienti?
“A parte il caso della linfoadenectomia retroperitoneale con risparmio dei nervi responsabili dell’eiaculazione per il tumore del testicolo, in tutti gli altri casi non esistono ancora delle linee guida nella scelta del paziente da sottoporre a chirurgia conservativa. Nel convegno abbiamo dunque discusso di quanto sia importante selezionare accuratamente tali pazienti, senza mai privilegiare la conservazione a scapito della radicalità oncologica, che resta sempre l’obiettivo principale. I pazienti vanno selezionati in base all’età, allo stato di salute, all’estensione della malattia e alla sua aggressività biologica. È evidente quanto conti in questa selezione l’esperienza del chirurgo, unita a una certa dose di buon senso e prudenza”.

Ci sono novità da segnalare?
“In merito agli interventi di resezione renale è stato osservato che sta aumentando il diametro per la chirurgia conservativa nei tumori del rene. Oggi è standard ricorrere alla conservazione per tumori fino a 3,5 – 4 centimetri. Centri universitari americani hanno proposto di estendere questa indicazioni per tumori di maggiori dimensioni (fino a 6 o 7 centimetri) a patto però che siano polari e non centrali.
Un altro aspetto importante che va sottolineato è che i punti di riferimento per la chirurgia conservativa uro-oncologica sono centri che hanno grandi volumi di attività, i soli in grado di maturare l’esperienza necessaria”.

Qual è l’esperienza di Humanitas?
“In Humanitas l’esperienza di chirurgia conservativa uro-oncologica è particolarmente significativa, soprattutto per quanto riguarda la enucleazione del tumore del rene, con 240 casi trattati in 10 anni”.

A cura di Elena Villa

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