Stai leggendo Lancerio, il bottigliere del Papa

Magazine

Lancerio, il bottigliere del Papa

03/02/2003

Sante Lancerio, storico e geografo, ma soprattutto bottigliere del papa, nel XVI secolo era un attento conoscitore di vini e ha lasciato quello che è considerato il primo trattato enologico, dedicato al cardinale Guido Ascanio Sforza. Analizza con intuito deciso gusto e retrogusto, aspetto e profumo ma soprattutto l’accostamento ai cibi, con tale competenza che risulta un‘autentica autorità nell’uso e nella conoscenza del vino. La corte papale nel periodo del Rinascimento, non era nuova nella ricerca di raffinatezze, e Paolo III Farnese (pontefice dal 1534 al 1549) era un attento degustatore, anche se lo ricordiamo più per i suoi atti di governo, come la scomunica di Enrico VIII, l’inaugurazione del concilio di Trento e l’approvazione dell’ordine dei Gesuiti.

Un libro unico
E’ bene ricordare che all’epoca di Lancerio il vino era una componente fondamentale dei banchetti, parte essenziale del nutrimento inteso come ricerca di perfezione e di equilibrio, piacere da non perdere e da coltivare con arte.
Lancerio, seguiva il papa nei suoi viaggi e, come quando era in sede, procurava di preparargli una tavola perfettamente imbandita, servendosi di maestri della cucina quali Giovanni de Rosselli e Bartolomeo Scappi. Era soprattutto attento nella scelta dei vini, affinché durante gli spostamenti del papa non “avessero a soffrire” durante il trasporto. Il suo libro, unico nel suo genere tra le opere in materia gastronomica, è anche uno spaccato di storia del periodo rinascimentale: tratta dei viaggi del papa, analizza circa 50 qualità di vino che sono da degustare secondo lo stato d’animo, le circostanze, il periodo dell’anno, persino l’ora!

Vino come cura
I vini che impreziosivano le tavole, nel segreto degli appartamenti privati erano invece utilizzati per un uso medico, quasi di prevenzione, come gargarismi e spugnature e lenitivi per irritazioni e pruriti; il papa non era da meno a questo uso terapeutico. Lancerio stabilisce una classifica anche per i vini per la plebe: gli ubriaconi e gli osti, ben lontani dalla raffinatezza della corte papale, si accontentano di “tagli” di vino molto grossolani che offuscano la mente e provocano una vergognosa ebbrezza. Mentre è risaputo che il vino è un nettare da sorbire nella pienezza dei sensi.

Analisi dei vini italiani ed esteri
Il nostro intenditore loda i vini italiani, dà un giudizio su quelli stranieri, per esempio sul vino spagnolo per il quale non ha opinione molto favorevole, ritenendolo troppo forte; i vini francesi, naturalmente, sono ritenuti ottimi, anche se nota che risentono del terreno di provenienza, particolare del vino di Provenza. I vini italiani, sono naturalmente in testa alla classifica, soprattutto quelli dolci; Malvasia, Greco d’Ischia e Vernaccia di San Geminiano. Un giudizio molto brillante quello di Lancerio su questo vino toscano, che richiese nel 1541 al Comune, nella misura di ottanta fiaschi, rammaricandosi che nella zona si desse grande importanza all’arte e alla scienza ma non abbastanza alla superba qualità del vino, una considerazione fra le tante che si può trovare nella sua opera “Della natura dei vini e dei Viaggi di Paolo III”.

A cura di Cristina Borzacchini

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita