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Dal Congo racconti “senza frontiere”

11/07/2005

A distanza di un mese dalla sua partenza per il Congo con la sezione olandese di Medici Senza Frontiere, Mirco Neri, infermiere del Blocco Operatorio di Humanitas, ci racconta questa nuova esperienza. Scopo della sua nuova missione, supportare un ospedale distrettuale e 5 centri salute.

Come sei arrivato a Walikale?
“Sono partito da Amsterdam per Nairobi, e da lì sempre in aereo alla volta di Kygali, capitale del Rwanda. Un Paese davvero bellissimo che ho avuto modo di vedere, in parte, percorrendolo in auto per raggiungere Goma, città congolese al confine nord-occidentale. Da lì, di nuovo, sono partito per la mia zona operativa, Walikale, enclave nella giungla, raggiungibile solo in aereo perché le strade interrotte o non ancora del tutto costruite obbligano a diversi giorni di cammino per fare poche centinaia di chilometri.
L’ultimo tratto in aereo è stato davvero emozionante: il velivolo, a doppia elica, è atterrato sulla strada nel mezzo della giungla, in un rettilineo che funge da pista di atterraggio, con le ali che sfioravano appena gli alberi! Una volta atterrati abbiamo raggiunto in auto la nostra base operativa, che funge da ufficio e da abitazione. E ci siamo messi subito al lavoro: stiamo supportando un ospedale distrettuale e 5 ‘centri salute’ (health centers), dove vengono fatte le prime consultazioni e indirizzati all’ospedale i casi più gravi”.

Quali difficoltà hai incontrato?
“I primi giorni sono sempre i più difficili, bisogna abituarsi al clima, all’umidità, la notte si dorme sempre poco, il cibo e l’acqua sono differenti, la gente ha sempre delle aspettative quando arriva ‘uno nuovo’! Lo staff locale ti ‘studia’ per vedere come sei, quanto vali, se sei severo o meno… Diciamo che ci si sente ‘sotto esame’. Ma poi ci si abitua”.

Com’è composto il team con cui stai lavorando?
“Con me, che svolgo la funzione di medical team leader, lavora un tedesco, un logista. Collaboriamo con due dottori congolesi che dirigono l’ospedale e con tutto il personale infemieristico. E’ incredibile vedere come con mezzi scarsi si riesce a fare quasi tutto! La nostra piccola sala operatoria, veramente molto ‘basic’, copre tutte le emergenze chirurgiche, dai tagli cesari alle perforazioni intestinali, dalle ernie inguinali alle appendicectomie. Siamo l’unico ospedale nel raggio di giorni di cammino. Abbiamo una pediatria, un reparto di maternità con sala parto, una chirurgia e una medicina interna.
Tutti i giorni si affrontano le patologie più diverse. A volte, purtroppo, non avendo tecnologie avanzate o personale ultra-specializzato non si riesce a curare tutto… e questo lascia una certa amarezza, soprattutto sapendo che, ad esempio in Italia, si sarebbe potuto fare molto di più”.

Com’è la zona in cui state lavorando?
“Non è certo fra le più sicure: anni di una terribile guerra civile, non ancora finita, hanno lasciato ferite enormi nella popolazione. La settimana scorsa, purtroppo, la nostra base è stata attaccata durante la notte: dei ‘banditi’ sono entrati e ci hanno rubato i soldi del progetto. Non è stato l’unico episodio: nelle settimane precedenti non pochi attacchi e rapimenti avevano colpito altre sezioni di medici senza frontiere nel Congo orientale.
Non è stata una bella esperienza, ma per fortuna stiamo tutti bene. Ora siamo tornati a Goma per motivi di sicurezza, vedremo come si evolverà la situazione e poi decideremo il da farsi”.

Di Monica Florianello

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