L’anemia da carenza di ferro è un leitmotiv insidioso nella vita delle donne. Sono diversi i momenti della vita di una donna in cui questa condizione si può manifestare: dalla gravidanza a tutta l’età fertile, in corrispondenza di abbondanti flussi mestruali. Ma l’anemia da carenza di ferro può insorgere anche dopo il parto: in questo caso prende il nome di sideropenia post parto.
L’anemia da carenza marziale è caratterizzata dalla riduzione dei livelli di emoglobina nel sangue rispetto alla norma. Il ferro è infatti un componente fondamentale per la formazione dell’emoglobina, la proteina deputata al trasporto di ossigeno ai tessuti. Le possibili cause possono andare da un insufficiente apporto di ferro con la dieta all’assorbimento intestinale alterato o, più spesso, alle ripetute, copiose perdite di sangue come può succedere durante i cicli mestruali. Il riscontro di un’anemia sideropenica di vario grado è quasi la norma in gravidanza. Secondo l’OMS, l’Organizzazione mondiale della Sanità, almeno il 40% delle gravide sviluppa anemia da carenza di ferro.
(Per approfondire leggi qui: Ciclo mestruale, con perdite abbondanti si rischia l’anemia)
Dopo il parto, invece, l’incidenza di questa forma di anemia è sicuramente inferiore: l’OMS la stima intorno al 10-30% nei Paesi più avanzati con soglie verosimilmente maggiori nei Paesi a basso e medio reddito. Le conseguenze dell’anemia da carenza di ferro nel periodo post parto, sei settimane dalla nascita del bambino, possono però essere serie e con implicazioni per la salute di mamma e figlio nel lungo periodo.
Quali conseguenze può avere la sideropenia post parto?
«Sicuramente uno stato di astenia cronica con difficoltà all’esecuzione di mansioni anche non faticose e difficoltà alla concentrazione. Tutto questo si può tradurre in un senso di inadeguatezza (già abbastanza frequente nelle settimane che conseguono ad un parto) con rischi maggiori di depressione puerperale. Questo si ripercuote necessariamente sul benessere del neonato», risponde la dottoressa Elena Zannoni, ginecologa e responsabile del Servizio di Chirurgia conservativa ed endoscopica dell’ospedale Humanitas.
Nel puerperio le donne potrebbero dunque manifestare anemia, in conseguenza della perdita ematica verificatasi durante il parto, che si aggiunge alle già ridotte riserve di ferro venutesi a creare durante la gestazione per soddisfare le esigenze del feto. L’OMS sostiene che l’anemia in gravidanza aumenti sensibilmente le chance di anemia post parto. La neo mamma potrà pertanto avvertire debolezza, stanchezza e capogiri, i sintomi tipici dell’anemia.
In che modo è possibile prevenire l’anemia post parto e cosa prevede invece il suo trattamento?
«Il presidio migliore è quello di affrontare la gravidanza con una adeguata scorta di ferro e valori di emoglobina ematici corretti. È quindi consigliato (per tutte le donne) assumere acido folico nei mesi precedenti il concepimento, correggere eventuali squilibri alimentari nonché riconoscere e correggere un eventuale stato anemico pre gravidico».
(Per approfondire leggi qui: “Anemia, carne rossa è l’unica vera fonte di ferro”, vero o falso?)
«Se in gravidanza si verificasse una progressiva anemizzazione, con valori di emoglobina inferiori a 11 gr/dl, essa va corretta con un adeguato apporto marziale, da mantenersi sino al parto e con opportune norme dietetiche (assunzione di cibi ricchi di ferro e di sostanze contenenti vitamina C, che permette un miglior assorbimento dello stesso). È opportuno inoltre supplementare con ferro anche la fase dell’allattamento, o comunque i primi 2-3 mesi del post partum, qualora i valori di emoglobina non rientrino nei range fisiologici alla dimissione ospedaliera», conclude la dottoressa.