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Prevenzione

Displasia dell’anca nei bambini: l’importanza di una diagnosi precoce

02/02/2010

Per la salute dei bambini e la corretta crescita sono importanti ecografia e visita specialistica per escludere questa malformazione e per intervenire se necessario.

Subito dopo la nascita è bene che il neonato venga sottoposto a una visita ortopedica che possa evidenziare e differenziare l’eventuale presenza di atteggiamenti patologici o malformazioni. E’ importante effettuare precocemente un’ecografia dell’anca per scongiurare la presenza di displasia dell’articolazione, una patologia che comporta un difetto di sviluppo dell’articolazione stessa e che può risultare molto invalidante. Come trattarla? Ce lo spiega il prof. Nicola Portinaro direttore della Clinica Ortopedica dell’Universita’ degli studi di Milano e responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia Pediatrica e Neurortopedia.

La valutazione del neonato
“L’Unità Operativa di Ortopedia Pediatrica e Neurortopedia – spiega il prof. Nicola Portinaro- si occupa del trattamento delle più comuni patologie dell’età pediatrica e segue il bambino dalla nascita alla fine dell’adolescenza. L’attività del Dipartimento comprende anche le consulenze ambulatoriali di ortopedia pediatrica generale e lo screening ecografico per la displasia congenita dell’anca, quest’ultimo associato sempre a una valutazione clinica integrale del neonato per escludere le più comuni malformazioni o gli atteggiamenti congeniti del sistema muscolo-scheletrico. I neonati che accedono a questo servizio hanno un’età che oscilla tra i pochi giorni di vita e i tre mesi.
E’ ormai noto che l’esame ecografico dell’anca è uno strumento utile e necessario per lo studio morfologico e funzionale di quest’articolazione, per poter diagnosticare la presenza di eventuale displasia o di un alterato sviluppo e maturazione dell’articolazione. L’ecografia permette, infatti, di porre diagnosi precoce di displasia e indirizzare il trattamento in maniera tempestiva e di seguirne nel tempo il risultato”.

La displasia congenita dell’anca
La displasia congenita dell’anca è una patologia complessa dove numerosi sono i fattori che ne sono alla base, non essendo stata evidenziata una sola causa. Alcuni fattori sono meccanici: ad esempio, è più frequente nei bambini che nascono in posizione podalica. Più a rischio di displasia dell’anca sono i bambini con una grande elasticità dei legamenti. Esistono inoltre fattori di natura genetica, essendo nota una familiarità per questa patologia. Con displasia congenita dell’anca s’intende un’alterazione di sviluppo dell’articolazione di entità variabile: si va dai casi più lievi, che vengono semplicemente controllati nel tempo, a quelli più gravi, con grave displasia acetabolare e lussazione della testa femorale, condizione estremamente invalidante che deve essere precocemente riconosciuta e trattata. Il periodo ideale per eseguire il controllo ecografico del bambino è tra 1 e 3 mesi, proprio per poter porre diagnosi precoce e iniziare tempestivamente il trattamento.
E’ una patologia non rara, la cui diffusione cambia anche nel territorio nazionale (ad esempio, è maggiormente diffusa in alcune zone del nord-est, meno in altre regioni, come nel sud del nostro paese). Può manifestarsi in maniera subdola, non evidente clinicamente, quindi difficilmente diagnosticabile con la sola valutazione clinica. L’ecografia rappresenta cosi’ l’esame di elezione per giungere alla diagnosi.

I trattamenti: dal divaricatore alla chirurgia
Trattandosi di un’alterazione dello sviluppo dell’osso e della cartilagine, la displasia dell’anca va seguita attentamente per un lungo periodo di tempo, nelle situazioni più gravi anche fino all’adolescenza. Il primo trattamento dura almeno 6 settimane e prevede, nei casi più lievi, l’utilizzo di un divaricatore morbido che mantiene le anche nella posizione a loro più congeniale per recuperare il deficit di sviluppo. Nei casi più complessi il divaricatore deve essere utilizzato per un periodo di tempo più prolungato. In alcuni casi possono essere indicati approfondimenti diagnostici, che sono eseguiti in sala operatoria: può, ad esempio, essere necessario un esame (artrografia) per completare lo studio di un’anca displasica. Tale esame viene effettuato in sala operatoria e in sedazione profonda, iniettando del mezzo di contrasto nell’articolazione, sotto controllo radiografico: permette di ottenere una visione completa anche di quelle strutture cartilaginee che altrimenti non sarebbero visibili ai raggi X.

Il trattamento in casi di displasia più grave, con anca non lussata ma instabile, può necessitare di immobilizzazione in apparecchio gessato. In caso di anca lussata (all’artrografia dinamica, che permette di valutare l’anca in movimento) può essere necessario associare un tempo chirurgico sulle strutture muscolari e tendinee che possano impedire la riduzione della lussazione. Nel caso in cui, malgrado tutti gli accorgimenti di cui abbiamo parlato, non si riesca a ottenere una riduzione stabile dell’anca, può essere necessario ricorrere a un intervento chirurgico per restituire una corretta anatomia. Alla fine del trattamento, i pazienti sono seguiti per tutto il periodo di accrescimento scheletrico dell’articolazione, nella necessità di evidenziare la presenza di displasia residua dell’anca, che si manifesta durante lo sviluppo e che può necessitare essa stessa di una tappa chirurgica correttiva. In generale tanto piu’ il trattamento è tempestivo, sia chirurgico che conservativo tanto minori sono le complicazioni ed il risultato è spesso ad un ritorno alla normalità.

A cura di Elena Villa

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