La vitamina D è necessaria al nostro organismo perché svolge un importante ruolo nell’assorbimento intestinale del calcio e del fosforo, fondamentali per la salute delle ossa e nel metabolismo osseo.
La carenza di vitamina D, però, non riguarda soltanto una perdita di densità ossea, ma rende le ossa stesse più fragili, in quanto influisce direttamente anche sulla loro qualità.
Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Emanuela Raimondo, responsabile dell’Ambulatorio Osteoporosi di Humanitas San Pio X.
Ossa: a cosa serve la vitamina D?
Come ogni altro tessuto del corpo umano, anche le cellule delle ossa (chiamate osteoblasti e osteoclasti), sono “vive”, e cioè muoiono e si rigenerano continuamente.
Durante il processo di rimodellamento osseo, l’osso “vecchio” viene asportato, e si produce l’osso “nuovo”.
Il rimodellamento osseo prosegue per tutta la vita, anche in caso di danno osseo, consentendo così la riparazione biologica di una frattura.
Livelli di vitamina D nella norma aiutano a fornire un’adeguata quantità di calcio e fosforo alle ossa e di conseguenza a garantire una giusta densità ossea. Questo contribuisce a prevenire l’osteoporosi e influenza il metabolismo osseo e il rimodellamento.
Con l’invecchiamento, o in ogni caso quando c’è carenza di vitamina D, gli osteoblasti giovani non riescono più a sostituire quelli vecchi, e l’osso a poco a poco diventa fragile. Inoltre, insieme alla capacità di regolare la quantità di calcio, la vitamina D influenza anche tono e forza muscolare, prevenendo debolezza e dolori muscolari.
Carenza di vitamina D: quali esami fare?
Il miglior modo per valutare una carenza di vitamina D è sottoporsi a un esame del sangue, che misuri la 25-idrossivitamina D, ovvero la forma metabolizzata della vitamina D.
Livelli inferiori a 30 nmol/L (nanomoli per litro) sono troppo bassi per la salute delle ossa, mentre livelli di 50 nmol/L sono in genere sufficienti.
Vi sono alcune persone che potrebbero non assumere una quantità sufficiente di vitamina D e quindi aver bisogno di integratori, ad esempio gli anziani, poiché la loro pelle, esposta al sole, non produce sufficiente vitamina D, e i loro reni faticano a convertire la vitamina D nella sua forma attiva.
A essere a rischio di carenza di vitamina D sono anche le persone con la pelle scura, perché la loro pelle risulta meno capace di sintetizzare vitamina D dal sole, e anche coloro che soffrono di disturbi come la malattia di Crohn o la celiachia, in quanto non gestiscono correttamente i grassi, essenziali perché la vitamina si assorba.
Nelle persone obese, invece, è proprio l’eccesso di grasso corporeo la causa della carenza di vitamina D perché il grasso impedisce il suo ingresso nel sangue.
Come assumere la vitamina D?
La vitamina D può essere assorbita attraverso la pelle, grazie all’esposizione alla luce del sole. Minima invece l’assunzione con l’alimentazione perché la vitamina D è contenuta in pochi alimenti, come per esempio.
- frutti di mare;
- pesci grassi come il salmone, il pesce spada, il tonno;
- alimenti fortificati con vitamina D come il latte arricchito;
- tuorlo d’uovo;
- il formaggio;
- fegato di manzo;
- olio di merluzzo (un solo cucchiaio fornisce 1.360 UI, quasi il doppio della quantità raccomandata nelle persone anziane).
Nelle persone in cui sole e alimentazione non bastassero a raggiungere livelli ottimali di vitamina D, può essere raccomandato l’uso di ergocalciferolo (vitamina D2) e colecalciferolo (vitamina D3).
Bilanciare i livelli di vitamina D è importante per migliorare la mineralizzazione dell’osso, e anche per la qualità del processo fisiologico di rimodellamento osseo, in modo da ottenere un miglioramento della qualità dell’osso e una riduzione del tasso di fratture anche nelle persone anziane.